Se gli ebook nel Regno Unito ieri sono entrati nel paniere ONS (ovvero l’ISTAT britannico, grazie @TomBolini per la segnalazione) allora non dovremmo stupirci che dopo Amazon anche Apple pensi al digitale “di seconda mano”. La notizia dei libri usati digitali risale all’8 febbraio; tra chi ne ha scritto a caldo (quando sembrava che solo Bezos avesse dato di matto e non che la cosa fosse così seria da richiamare pure le attenzioni di quelli di Cupertino) vi segnalo in rigoroso ordine alfabetico Booksblog, Editoriacrossmediale, PianetaeBook, Repubblica.
Al solito occorre un ribaltamento di prospettiva – nel caso dei lettori italiani un salto nel futuro – per arrivare a comprendere come società quotate in borsa possano prendere in considerazione quella che per molti può sembrare una follia: Amazon già consente, non in Italia, tra utenti Kindle di “prestarsi” ebook e allora perché non dare ai propri clienti la possibilità di rivendere a terzi la licenza che hanno acquistato per leggere un determinato ebook? Voilà, ecco inventato il libro digitale usato. Anche Apple pare intenzionata a fare altrettanto (fonti: Slate, Mashable, Paidcontent)
L’idea di Amazon sembra risalga addirittura al 2009… ah, se pensate che stia scrivendo di asini che volano lasciate perdere la lettura, ora ci spingiamo oltre, arriviamo a come si presenterà il “mercatino dell’usato”. Su Amazon il bene digitale una volta rimesso in circolo (eh già, sul vostro ereader mica ce l’avrete più) lo trovereste di nuovo in vendita sul sito, né più né meno come un libro fisico. Apple invece consentirebbe, rispettate certe condizioni, una volta trovato un accordo, anche il passaggio del titolo da un dispositivo – iPhone, iPad ecc. – all’altro (fonti: blog.chron, WallStcheatsheet).
Negli Stati Uniti se sono fermi al dibattito teorico circa gli ebook usati già dall’anno scorso si discute se sia lecito rivendere propri brani digitali e anche il videogame scaricato da Internet potrà diventare un bene di seconda mano – così vorrebbe una nota catena di negozi famosa anche in Italia, leggete a proposito: GameStop looking into reselling digital content oppure On the used and pirate markets for digital goods. Uomini come Brad Wardel della Stardock ritengono inevitabile l’idea di licenze digitali trasferibili, il file di un gioco sarà scambiato in futuro per vie legali (fonte: Gamasutra).
Dicevamo, il mercato musicale precursore delle trasformazioni che avverranno nelle nostre abitudini di consumatori? A febbraio 2011 nasce la startup ReDigi che permette di rivendere i propri brani musicali usati comprati su iTunes (a ogni transazione l’azienda assicura che parte del denaro coinvolto nella compravendita viene rigirato agli artisti e alle etichette), Eh sì. Ebbene, ha avuto abbastanza successo da venire citata in giudizio dalla Capitol Records (EMI) per violazione di copyright (fonte: DBW e l’articolo Resale revolution for digital books and music su Financial Review).
Possiamo salutare l’alba dei beni digitali usati (musica, libri, giochi, film…) come un vantaggio per il consumatore finale? Dovremmo spendere di meno e guadagnarci qualcosa! Quel che è certo è che sia ReDigi, sia Amazon, sia Apple hanno in mente tre diversi “closed marketplace”, perché è ovvio che un ebook usato comprato su una certa piattaforma sarà legato a essa. Anzi, c’è già chi dice che il libro digitale di seconda mano, il cosiddetto ebook usato, altro non sarebbe che il cavallo di troia dei fautori dei mercati chiusi tesi a privare il lettore del proprio diritto di leggere ovunque ciò che hanno acquistato.
Immagine | Homer Simpson alla fiera del baratto di Springfield (episodio 9F21)
Il quadro normativo resta sempre più distante… Mentre l’Ue compie brutti passi indietro sul fronte dell’Iva per gli ebook, dalle nostre parti il tema nell’agenda politica (mai stata così poco “digitale”) verte sullo sconto massimo applicapile ai libri. Questo è un vero guaio.