Archivi del mese: dicembre 2013

ebook reader schermo rotto, non c’è più niente da fare, è stato bello leggere

Un Kobo Glo con lo schermo rotto

Un Kobo Glo con lo schermo rotto

Quanto è semplice rompere un ebook reader? O meglio, cosa si rompe in un lettore digitale? A chi non conosce questi dispositivi ho sempre raccomandato di dotarsi il prima possibile di una custodia e il perché è presto detto, in attesa di schermi flessibili le probabilità di rompere lo schermo del vostro lettore digitale sono molto alte, potrebbe sembrarvi ingiusto ma a meno che esca dalla confezione con il display rotto non c’è garanzia che tenga, se il vetro va in frantumi il vostro ereader diventa inutilizzabile e nessuno ve ne darà un altro gratis. Potreste però riciclarlo ancora per delle creazioni artistiche 🙂 come ci spiegano quelli di Ultima Books.

Scrivo di schermi rotti con cognizione di causa. I lettori più affezionati di questo blog si saranno accorti che da un po’ non scrivo del mio Kobo Glo, ebbene… l’ho rotto questa estate, porca la miseria ladra. O meglio, funziona ancora ma lo schermo crepato (vedi foto sopra) impedisce la lettura rendendolo, di fatto, un dispositivo elettronico buono per la discarica. Com’è stato possibile potreste chiedermi; aveva la sua bella custodia Gecko Cover, tenevi a lui come a un figlio ecc. Ebbene, metterlo in valigia non è stata una buona idea, soprattutto disporre quella valigia in particolare nel baule caricandole sopra altre valigie è stata una pessima idea.

È stata sufficiente la pressione di “X kg” su una parte dello schermo per “tot tempo” per rompere il vetro… me la sono andata a cercare perché le custodie Gecko sono robuste, lo sapete anche voi se ne avete acquistata una, tuttavia poco possono fare se non tenete a mente che gli ereader hanno questa fragilità, per ora intrinseca, dovuta allo schermo di vetro che è incollato sopra il foglio di inchiostro elettronico che rende così facile la lettura. Io l’ho rotto in questo modo, a un’amica la bambina c’è saltata sopra sul divano mentre l’ereader era scivolato sotto un cuscino… ce ne sono di modi, oltre alla caduta accidentale, per rimediare un Kobo inutilizzabile!

Ok, ho rotto l’ereader, c’è niente che possa fare? No, nessuno può riparare lo schermo rotto di un ebook reader, è “antieconomico” visto che il lettore digitale in sé costa meno di duecento euro. Non avete rotto il vetro di uno schermo LCD, non potete procedere alla sostituzione del vetro, come per i tablet e i computer portatili. Certo potete da bravi MacGyver procurarvi uno schermo funzionante (vetro completo di foglio eink) di un altro ereader e tentare di sostituirlo aprendo voi stessi il vostro lettore digitale… ma tra costi e manodopera non vi converrebbe affatto, liberi di smentirmi nei commenti a questo post naturalmente!

Come accorgersi che avete uno schermo rotto? Parlo per quanto riguarda il Kobo ma immagino che per Kindle o ereader di altri produttori il discorso sia identico: all’inizio il lettore sembrerà “impallato” o privo di carica, successivamente una volta acceso avrà sempre una parte dello schermo congelata sulla schermata che stavate visualizzando al momento della rottura. Infatti essendosi rotto il vetro le microsfere della tecnologia eink non possono più cambiare posizione secondo le indicazioni del software, risultato: una parte dello schermo cambia, l’altra no. Iniziate a mettere da parte i soldi per un altro lettore 😦

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Wu Ming 4, Difendere la Terra di Mezzo, per assumerci la responsabilità delle nostre azioni

Difendere la Terra di Mezzo di Wu Ming 4

Difendere la Terra di Mezzo di Wu Ming 4

Difendere la Terra di Mezzo di Wu Ming 4
Odoya, 2013, 18 €

«Tolkien ci racconta proprio questo: per quanto ci è possibile e per quanti condizionamenti possiamo subire, dobbiamo testardamente accettare di assumerci la responsabilità delle nostre azioni. Dobbiamo individuare un dovere, un viaggio da compiere, una battaglia da combattere, una quest. Perché è ciò che dà senso alla nostra esistenza, che ci aiuta a scoprire noi stessi, a metterci alla prova, e ci impedisce di diventare l’ombra dei nostri padri e madri».

Un altro libro su Tolkien? Beh, fossero tutti interessanti come questo la risposta non potrebbe essere che: “Sì, per favore”. Ho letto il Signore degli Anelli nella mia prima adolescenza, a metà degli anni Novanta, ricordo ancora la gioia di ricevere in dono l’edizione Rusconi con la sua mole tozza, le sue appendici e la sua mappa incollata in fondo al libro. L’opera di Tolkien era stata il passepartout per iniziare a leggere i libri fantasy che la biblioteca comunale del mio paese di Milano milanese metteva generosamente a scaffale, le saghe di David Eddings, Terry Brooks, Terry Pratchett, Robert Jordan (non citato da Wu Ming 4 tra gli epigoni dello scrittore inglese, chissà forse in una prossima edizione…) e ancora i Cicli di Dragonlance di Tracy Hickman e Margaret Weis solo per nominarne alcuni.

Difendere la Terra di Mezzo non suonerà del tutto sconosciuto a chi si interessa di letteratura fantastica nel nostro Paese dato che “raccoglie e amplia gli scritti e gli interventi pubblici di WM4 su J.R.R. Tolkien” apparsi ad esempio sul sito dell’Associazione romana studi Tolkieniani. Le quasi trecento pagine del volume, arricchite di immagini da una sapiente ricerca iconografica, contengono “una lettura inevitabilmente parziale dell’opera e del fenomeno, […] che vorrebbe [però] aiutare i lettori italiani a guardare un vecchio autore con occhi nuovi”, tratteggia come il libro di Tolkien sia stato accolto in Italia provando a rinarrare la storia della ricezione dei suoi scritti e soprattutto – e qui secondo me risiede il merito di questa raccolta di saggi – cerca una spiegazione sul “perché nessun autore fantasy sia ancora riuscito a eguagliare l’autore del Signore degli Anelli“, affermazione per me corrispondente al vero.

Dovessi suggerire all’autore qualche tema da approfondire meglio gli direi di scavare dove probabilmente per formazione non ha dimestichezza. Nel capitolo “Tradizioni, traduzioni, e tradimenti. I simbolisti all’opera”, molto gustoso, l’analisi su come il mondo cattolico ha accolto il Signore degli Anelli è troppo sintetica e mi sarebbe piaciuto saperne di più, io stesso “ne so di più” 🙂 Permettete una nota molto personale, ricordo un’estate di fine anni Novanta durante il campeggio organizzato dal mio ex oratorio, il sussidiario utilizzato da noi ragazzi altro non era che una riduzione con tanto di canzoni (che mi ricordo ancora!) dell’opera di Tolkien – a posteriori credo fosse Cari Hobbit, siamo in un bel pasticcio della casa editrice salesiana Ldc. Si è trattato dell’unico caso o ce ne sono altri? Qualche studente di Letteratura in cerca di un bell’argomento di tesi è in ascolto? 😉

A ogni modo, è il capitolo “L’eredità impossibile” che come suggerisco sopra giustifica in pieno una corsa in libreria per aggiudicarsi una copia di questo libro (Difendere la Terra di Mezzo è disponibile per ora solo in formato cartaceo e credo che in digitale non apparirà tanto presto) prima che finisca fuori catalogo, lo consiglio inoltre a chiunque si interessi di fantasy, dal lettore al critico fino allo scrittore. Riflettete solo su questo interrogativo che incontrerete nella lettura: “Quale romanzo fantastico affronta attualmente temi di […] portata [universale] con un atteggiamento altrettanto rigoroso, inscrivendoli dentro una storia epica, avventurosa, fantastica, non individualizzata né intimista, né innaffiata di buoni sentimenti e comportamenti politicamente corretti?”. E senza ironia? Anche se senza dubbio qualcuno là fuori è all’opera per superare Tolkien, al momento, così come a Wu Ming 4, non mi viene in mente nessuno.

In modo agile e scorrevole, facendo un dispetto a chi crede che i testi critici debbano essere letti solo da specialisti e proprio per questo sceglie prose involute a scapito di una produzione divulgativa alla portata di chiunque, Wu Ming 4 riesce nell’intento di spiegare perché “il mondo immaginario di Tolkien [che] raccont[a] nuovamente gli archetipi mitici e letterari nei tempi moderni non è quello dei creativi del cinema di animazione” ed è diverso da tutto quello che hanno prodotto gli scrittori a lui successivi, incapaci di essere a loro volta “fondatori di un discorso” in questo campo invece che ottimi imitatori. Il saggio del professor T.A. Shippey in chiusura di volume, le note mai a sproposito, la bibliografia e l’indice dei nomi fanno di Difendere la Terra di Mezzo un compendio aggiornato per l’appassionato di Tolkien cui le tesi dell’autore non potranno rimanere indifferenti, sia che le si sposi sia che le si neghi.

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Kobo Arc 7 HD, una recensione con un occhio ai lettori di libri digitali

Libri digitali "a colori" sulla home page del Kobo Arc 7 HD

Libri digitali “a colori” sulla home page del Kobo Arc 7 HD

Ricordate tre settimane fa? Ero rimasto tanto stupito da vedere i tablet 2013 di Kobo già disponibili nei negozi da correre a prenderne uno. Sarà il Natale (l’ennesimo) dei tablet? Di sicuro qualcuno di voi, anche per risparmiare, invece di prendere un ebook reader deciderà di optare per un solo dispositivo in grado di navigare, leggere la posta, guardare video e… leggere ebook. Non so che budget abbiate in mente ma il Kobo Arc 7 HD (16 GB di memoria, 1920×1200 pixel) a 199 euro a me è sembrata una buona idea e dopo quasi un mese di prova sul campo ecco le mie impressioni.

Dentro all’elegante confezione bianca (io l’ho preso in una Libreria Feltrinelli) trovate il tablet, alcune istruzioni essenziali sul funzionamento – quelle complete, ben 75 paginette, vi risparmio la fatica di cercarle, si trovano in Rete, potete scaricarle in PDF cliccando qui – un cavo micro USB/USB e il caricabatteria in dotazione con la spina che utilizziamo qui in Italia; attenzione, se attaccherete il tablet a un computer la ricarica sarà molto più lenta. E la custodia? Come sempre dovete prendervela a parte, io ho scelto una sleep cover in ecopelle che ho trovato in negozio.

Kobo-Arc-7HD-Packaging

Il Kobo Arc 7 HD (a sinistra nella foto sotto) è più grande di un ereader come il Kobo Aura HD (a destra) ed è più pesante; come ho già scritto non posso confrontarlo con i tablet 2013 di Amazon – il Kindle Fire HDX, 244 euro senza “spot”, 1920×1200 pixel, 16 GB di memoria; il diretto concorrente del modello che ho comprato – o un iPad mini perché non ce li ho né mai li ho provati. Ho scelto di comprarlo quest’anno per l’utilizzo quotidiano (posta, gestione del blog), per leggere “meglio” le riviste (Internazionale, Nuovi Argomenti ecc.) e i PDF, in questi due casi di lettura digitale persino il Kobo Aura HD è un passo indietro rispetto ai tablet, niente da fare. Gli ereader però lo ribadisco restano la soluzione migliore per leggere un ebook, almeno, per i miei poveri occhi!

Kobo-Arc-7HD-vs-Aura HD

Esattamente come avevo già sperimentato usando il Kobo Arc 2012 che Mondadori mi aveva mandato in prova l’anno scorso la lettura su un tablet è fattibile. Il problema – ma ripeto, questo è il giudizio di un “videoterminalista”, ovvero di una persona che davanti a uno schermo ci sta già otto ore al giorno – di affrontare la lettura di un libro su schermo retrolluminato rimane sempre la fatica cui sottoporrete il vostro occhio. Nella foto in basso ho messo a confronto gli schermi del Kobo Arc 7 HD (a sinistra) e del Kobo Aura HD (a destra) al massimo della luminosità, vedete come il tablet rimane una fonte di luce molto più dell’ereader, che grazie alla luminosità indiretta e alla tecnologia elink permette una lettura più rilassata.

Esiste ovviamente più di un modo per ridurre questo disagio che almeno io avverto, innanzitutto imporsi una lettura meno continuativa, qui gli amanti della lettura immersiva inorridiranno, mi dispiace, oppure impostare lo schermo del Kobo Arc 7 HD per una lettura al negativo, vale a dire con lo sfondo nero e i caratteri della pagina bianchi, la cosiddetta modalità notte: risparmierete batteria – più del 60% della ricarica di un tablet viene consumata dalla retrollimunazione, lo sapevate? – e stancherete meno i vostri nervi ottici. La lettura su Kobo Arc per il resto risulta piacevole come sugli ereader, potete prendere note, condividerle utilizzando tutti i principali socialnetwork, per chi ama sottolineare ci sono quattro colori diversi (azzurro, giallo, verde e rosa) mentre i dizionari sono sette (oltre all’italiano, inglese, spagnolo, tedesco, francese, olandese e portoghese).

Kobo-Arc-7HD-vs-Aura-HD-schermi

Kobo-Arc-7HD-modalita-notte

Com’è ovvio Kobo ha tutto l’interesse che preferiate il suo store rispetto alle librerie digitali concorrenti, anche voi troverete molto invitante, oltre che più semplice, acquistare un ebook su Kobo Store. Ttuttavia, come già più volte espresso su questo blog la mia preferenza è caduta su Kobo perché, a differenza di Amazon, permette di acquistare i propri libri digitali ovunque, per dirne una, sullo store di Google: ho ritrovato su Play Books la mia biblioteca tale e quale l’avevo sul mio Mac. Oppure, non vedete l’ora di comprare l’ultimo numero di Nuovi Argomenti e al solito su inMondadori, laFeltrinelli e su Kobo non è ancora stata caricata mentre in altre librerie sì? Posso comprarla su Bookrepublic e leggerla grazie all’applicazione OverDrive (vedi foto sotto), e lo stesso dicasi per altri epub protetti da DRM Adobe. E i PDF? Si leggono comodamente scaricando Adobe Reader per dispositivi Android.

Leggere Internazionale – aspetto sempre Limes per Android eh? Capitasse mai su ‘sto blog qualcuno che può svilupparla ‘sta app – su Kobo Arc 7 HD non consente una lettura “naturale” perché i sette pollici del tablet riducono molto la grandezza effettiva dei caratteri (parlo della visualiazzazione della pagina singola), lo schermo a 323 ppi di risoluzione valorizza però la resa delle fotografie. Grazie alla gestualità recepita dal touch screen rimpicciolire e ingrandire le pagine diventa in breve tempo semplice e intuitivo, anche la visione su lato lungo riproduce quasi il formato corretto di questa rivista; rimango curioso di provare il Kobo Arc 10 HD per verificare se tre pollici in più fanno davvero la differenza nel caso della lettura delle riviste digitali!

Kobo-Arc-7HD-OverDrive

Kobo-7HD-Internazionale

Interfaccia: la “Tapestry” del Kobo Arc 2012 è stata sostituita da “Collezioni”, in pratica raccolte di elementi per organizzare gli ebook, i file, le app e altri tipi di contenuto sul dispositivo che prendono l’aspetto di una fila di libri visti di dorso, come fossero disposti sullo scaffale di una libreria. Gradevole a vedersi ma in genere utilizzo come home la schermata che vedete in apertura a questo post dove gli ebook sono presenti di piatto, fossero ancora oggetti fisici! Ah, gli scaffali che avete creato sui vostri ereader Kobo – che ne so, Fantascienza, Libri sui gatti 🙂 ecc. – appariranno in Collezioni una volta che sincronizzerete il vostro account tramite Kobo Desktop.

Aspetti multimediali: lo schermo molto risoluto penalizzerà per paradosso giochi pensati per schermi più poveri, Angry Birds Star Wars che ho acquistato per il mio Nokia 610 si vede un po’ sfuocato sul Kobo Arc 7 HD, il rimedio è comprare giochi ad hoc; film, ho noleggiato su Play Movies un paio di lungometraggi e si vedono bene, ho provato anche a collegare il tablet tramite la porta micro HDMI-HDMI a una televisione a 32 pollici e nonostante qualche rallentamento sui panning, la visione è stata piacevole, anche l’audio è passato agli speaker della TV senza problemi. Navigazione in Internet: impeccabile, sostituisce del tutto la necessità di avere un computer. Ah, grazie a Android File Transfer se come me utilizzate Mac potete trasformare il tablet in una ingombrante chiavetta.

Molto utile la possibilità di creare più account per lo stesso tablet (e molto semplice il passaggio dall’uno all’altro), valutate però in questo caso quanta memoria vi serve perché ogni utente deve scaricarsi le proprie applicazioni e 16GB potrebbero rivelarsi troppo pochi. Dimensioni un po’ più grandi, sebbene sia più sottile (12,2 x 19,4 x 9,6 cm), del Kobo Arc 2012, 341 g di peso (mezzo chilo con una buona cover), processore Nvidia Tegra 3 Quad-Core, 1,7 GHz, 1GB di RAM, mezza giornata di autonomia se tenete la luminosità dello schermo al minimo, stessa fotocamera frontale da 1,3 Megapixel del Kobo Arc 2012 (nulla di che), non ha quella posteriore. Dopo tre settimane di utilizzo, anche in mobilità, posso dire di avere comprato un buon tablet.

Aggiornamento 09/10/2014: il presidente di Kobo Michael Tamblyn come segnala Lisa Campbell su www.thebookseller.com ha annunciato che la compagnia nippo-canadese abbandonerà il mercato dei tablet per dedicarsi esclusivamente agli ereader. I quattro tablet attualmente in commercio non godranno quindi di eredi.

Foto | Il lettore digitale

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Il Colophon, rivista di letteratura per il XXI secolo di Simplicissimus Book Farm

Il Colophon di Simplicissimus Book Farm

Il Colophon di Simplicissimus Book Farm

Il Colophon di Simplicssimus Book Farm
SBF, dicembre 2013, 2,69 €

«Qui non troverai né pubblicità né propagande editoriali né ambizioni pseudo-elitarie. Non troverai recensioni cerebrali, poeti funesti, critici saccenti e teorie complottiste. Qui troverai ogni mese un racconto diverso che, di pagina in pagina, prenderà la forma delle parole degli autori. Racconteremo i libri per quello che sono: essenziali, straordinari e profondamente radicati nella vita di ciascuno di noi».

Pubblicata da Simplicssimus Book Farm “Il Colophon” esordisce questo dicembre 2013 come rivista di letteratura mensile per nuovi e vecchi lettori. L’estratto dell’editoriale di Paola Santoro che cito in apertura chiarisce cosa questo prodotto non vuole essere e in parte quello che vuole essere, un contenitore dove di volta in volta le firme che vi si alterneranno cercheranno di trasmettere la propria passione per la lettura a chi avrà la bonta di acquistare e leggere questo magazine digitale (io l’ho comprato e letto sul mio Kobo Arc 7 HD, “Il Colophon” è disponibile sull’App Store e su Google Play).

Mi sono procurato questo primo numero incuriosito dall’intervista ad Alessandro Bergonzoni (sempre a firma di Paola Santoro), da Noi che non sogniamo il Principe Azzurro di Loredana Lipperini e In lento movimento di Fabio Brivio e dalla rubrica di Andrea Nicosia dedicata al fantastico; il sommario di questo numero per ora si trova nella home page del sito della rivista www.ilcolophon.it, vi invito a consultarlo per capire se i contenuti fanno per voi. Doveroso precisare che ogni numero avrà un tema, un filo rosso, un leitmotiv, in questo caso sono stati scelti i “Piedi” che sin dalla copertina di Stefano (Stefigno) Leotta ci offrono il loro punto di vista.

Che cos’è stata la lettura de “Il Colophon” per me provo a descriverlo nelle righe che seguono. È stata breve ma tenete conto che sono un lettore molto veloce, la lunghezza media degli articoli (che si scorrono dall’alto in basso come in un sito con due colpi di dita, non di più) non impegna più di cinque minuti di concentrazione, tuttavia questo è immagino voluto, per darvi una unità di misura un post medio del Post, scusate il gioco di parole, è più lungo; ha avuto bisogno di una connessione a internet, vale a dire che i rimandi degli articoli indirizzano allo store di Ulima Books, Amazon, oppure agli account Twitter, Facebook, Flickr o ai blog degli autori, senza Rete la rivista resta muta.

Ho trovato interessante la segnalazione nella rubrica “Lui scrive” di Adriana Falsone del romanzo Così in terra di Davide Enia uscito per Dalai Editore nel 2012, le suggestioni su Jean Genet e altri scrittori funamboli in un pezzo a firma di Slawka G. Scarso, l’intervista a Bergonzoni citata in precedenza e le istantanee di Lipperini (su Betty Smith) e Brivio (sul Cammino di Santiago) ma poi? Capisco la necessità da parte di una realtà altra come Simplicissimus di fare del “Colophon” qualcosa di diverso da una rivista letteraria tradizionale ma anche l’obiettivo minimo dichiarato di “collega[re] il mondo dei libri ai fermenti culturali attuali” non mi sembra raggiunto in quest’uscita dicembrina.

Non è svelando grazie a un collegamento ipertestuale il libro che si cela dietro al passaggio di un articolo che avvicineremo nuovi utenti alla lettura ma stampando, anche in digitale, buona letteratura e buoni ragionamenti critici – come pure nel “Colophon” esistono in nuce (tengo per me le perplessità sulla grafica generale) – che non si esauriscano dopo due cartelle e che non abbiano timore di attingere a quel mondo che già dall’editoriale si tende a demonizzare; “la tua storia è una storia che deve servire a qualcosa” scrive Lele Rozza nella sua rubrica rivolta agli scrittori, ecco, siete davvero sicuri che sia questo respiro corto che volete dare alla vostra rivista amici di Simplicissimus? 🙂 Vi aspetto al vostro secondo numero.

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