Emilio Salgari. La macchina dei sogni di Claudio Gallo e Giuseppe Bonomi
BUR, 2012, 4,99 €
«Dopo di lui, la letteratura italiana (in barba alla storia della letteratura) non sarebbe mai più stata scritta davvero allo stesso modo, non sarebbe pù stata appannaggio esclusivo dei ceti intellettuali, conservatori o comunque elitari».
Conoscevo troppo poco la vita e le opere di Emilio Salgari (I Misteri della Jungla Nera li avevo letti solo a fumetti su “Il Giornalino”), da ragazzo gli avevo preferito Verne e London, ho voluto così rimediare recuperando in ebook uno studio biografico appassionato e rigoroso a firma di Claudio Gallo e Giuseppe Bonomi: Emilio Salgari. La macchina dei sogni mi ha rapito dal primo momento. Soprattutto perché il saggio parte dalla fine, dalla decisione dello scrittore di togliersi la vita in un momento di disperazione, il 25 aprile 1911. Non abbiano paura i lettori più timorosi, non ci troviamo di fronte a un’opera con la coda al posto del capo, anzi, subito dopo la biografia riparte dalla nascita dello scrittore, scorrono così davanti ai nostri occhi cinquant’anni di storia italiana.
Insieme alle vicende che videro protagonista Salgari prima fanciullo e poi giovane e intrepido giornalista (oltre che velocipedista!) nella sua natìa Verona i documenti di archivio scovati e riordinati da Gallo e Bonomi ci restituiscono un’Italia appena unita ma vivace che si stringeva nelle sue città intorno alle forme di aggregazione esistenti prima della diffusione nel nostro Paese del cinema (1896), della radio (1924) e della televisione (1954). Il teatro, l’opera, la musica dal vivo, lo sport (prima dei campionati di calcio, prima del Giro…), il giornalismo e la letteratura animavano le giornate degli italiani di allora, quelli che nelle città potevano trovare sollievo dalle fatiche che comportava la lavorazione quotidiana della terra (i trattori erano di là da venire) almeno.
Emilio Salgari alla fine della lettura della “Macchina dei sogni” mi è sembrato sì figlio del suo tempo – meticoloso artigiano di intrecci che andavano a intercettare sulla carta i turbamenti suscitati dal melodramma italiano sui palchi; creatore di una poetica originale che comprendeva “la cultura del progresso [fine ottocentesco], temperata, però, dal ragionevole pessimismo della letteratura”; padre di eroi come Sandokan e il Corsaro Nero “portatori di un’ansia di giustizia in cui i lettori dei ceti popolari senz’altro si identificavano” – ma anche molto contemporaneo nelle sue debolezze… il capitano Salgari “non conseguì mai alcuna patente di capitano marittimo” tuttavia la millantava; era lo scrittore più pagato dei suoi tempi eppure non arrivava a fine mese perché solo della sua scrittura viveva la sua famiglia, una moglie e quattro figli.
I romanzi di Salgari fossero stati scritti nel XXI che forma avrebbero avuto? Quale mezzo sarebbe stato capace di veicolarli? Scritti alla fine dell’Ottocento trovarono la loro sede naturale tra le pagine dei giornali che – se credete che il marketing sia figlio del Novecento e di Mad Men vi sbagliate di grosso – si contendevano i lettori con astute campagne pubblicitarie a mezzo stampa, naturalmente tese a creare dapprima aspettativa (“la mattina del 15 ottobre 1883 Verona fu tappezzata di manifesti raffiguranti una tigre” e poi ancora “La tigre sta per arrivare!…”) e infine l’annuncio “La Tigre della Malesia è arrivata. Leggete «La Nuova Arena»”. Credete che le serie TV abbiano chissà quale formato innovativo? La Tigre della Malesia uscì in centocinquanta puntate, avete letto bene, 150, tra il 16 ottobre 1883 e il 13 marzo 1884, per forza ti abbonavi al giornale!
Lo studio di Gallo e Bonomi è da promuovere a pieni voti (intrigante inoltre la storia della neonata editoria italiana che tracciano in filigrana alla vita dello scrittore veronese) se siete in cerca di risposte su un romanziere eccezionale che tanto ha contribuito alla diffusione della lettura in Italia e nel mondo. Tenete però conto che l'”impossibilità di trovare materiali originali nei quali Salgari parli di se stesso e della propria opera” ha impedito ai due autori la stesura di una biografia che travalicasse i limiti dei testi salgariani. Come Toscanini rimaneva fedele allo spartito dei compositori che metteva in scena anche Gallo e Bonomi non inventano nulla – non interpretano e per questo vanno rispettati –, a volte tornano sugli stessi passaggi oppure tacciono, o giusto abbozzano, laddove davvero poco si sa (il rapporto tra Emilio e la moglie Ida Peruzzi o gli anni torinesi). E ora… che aspettate a leggere Salgari?
Leggo solo oggi e cin molto ritardo la sua recensione. Mi sento in dovere di ringraziarla per aver colto così bene alcuni elementi fondamentali del lavoro di ricerca svolto con Giuseppe Bonomi. Claudio Gallo