Archivi del mese: marzo 2014

CJ McCandless Memorial Foundation, Back to the Wild, ancora in viaggio con Alexander Supertramp

Back to the Wild, le fotografie e gli scritti di Christopher McCandless

Back to the Wild, le fotografie e gli scritti di Christopher McCandless

Back to the Wild a cura della CJ McCandless Memorial Foundation
Traduzione di Rachele Maggiolini
No Borders Magazine, 2014, 15,90 € (edizione limitata)

“Chris era uno di quelli che cambiano la vita degli altri, e non ha smesso di farlo nemmeno dopo” dalla prefazione di Paolo Cognetti.

Scrivo di Back to the Wild, fatalità, mentre aspetto un passaggio in auto verso Milano; a Christopher McCandless, il giovane che il mondo ha conosciuto grazie al libro Nelle terre estreme di John Krakauer e al film Into the Wild di Sean Penn la coincidenza sarebbe piaciuta. Chris aveva deciso di spostarsi per gli Stati Uniti perché “la strada sconfinata era la sua tela, la macchina fotografica il suo pennello e il suo desiderio di vivere ciò che lo muoveva“; si era dato un nuovo nome Alexander Supertramp, aveva viaggiato per due anni abbandonando famiglia, amici e conoscenti dopo essersi diplomato e, chissà, forse non avrebbe più smesso se non avesse trovato la morte in Alaska il 18 agosto 1992.

Nel 2011 i genitori di Chris hanno deciso di pubblicare un libro fotografico che raccogliesse ed ordinasse le testimonianze che Chris aveva lasciato dietro di sé, ben poco di scritto, come rimarca Paolo Cognetti nella prefazione all’edizione italiana voluta dall’associazione culturale No Borders Magazine, tuttavia quel che il nostro giovane autostoppista non ha scritto lo ha lasciato impresso sulla pellicola delle sue macchine fotografiche lasciando appunto a suo padre Walt soprattutto il compito di riconoscere e raccontare di nuovo Chris attraverso le sue fotografie. Non era un fotografo Chris, non cercava inquadrature, non si curava di tempi e luci. I suoi scatti sono documenti storici, ci riportano il mondo dalla sua soggettiva senza alcun filtro.

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Il volume, edizione italiana dicevamo di quella originale inglese del 2011, è ben curato (è evidente l’amore che il team di No Borders Magazine ha riversato su questo progetto) e propone una selezione delle foto di Chris – non manipolate ma riprodotte così come le aveva scattate – in ordine cronologico accompagnate da brevi testi di spiegazione; mostra inoltre cartoline e altri documenti che sono stati utili a Krakauer e alla famiglia di Chris per avere un quadro chiaro degli spostamenti del ragazzo su e giù per la costa ovest degli Stati Uniti. Il viaggio di Chris viene spezzato in dodici sezioni dall’Arizona all’Alaska passando per il Messico, ogni sezione ha in apertura una mappa di Zorica Krasulja.

Difficile che un lettore all’oscuro della storia di Chris McCandless possa finire in possesso di questo libro, se però vi siete emozionati leggendo il reportage di Krakauer (o più probabilmente vedendo il film di Penn) preparatevi a ripiombare di nuovo in uno stato di ammirazione e commozione sfogliando le pagine di Back to the Wild. Ancora più delle parole la libertà e la solitudine – ma allo stesso tempo l’anelito per rapporti umani autentici – che queste immagini sgranate ci riconsegnano è totale: ecco cosa significa rinunciare a tutto per inseguire le risposte alle domande che l’essere umano di continuo si chiede: chi sono? da dove vengo? che ci faccio qui? come faccio a sconfiggere la parte meno autentica di me? (N.B. Quest’ultimo era il proposito principale di Chris).

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Se vi definite viaggiatori, al 99% avete visto Into the Wild, se intendete domani lasciare tutto, bruciare i vostri averi, dimenticare amici, compagni e genitori, uscire di casa per esplorare il vasto mondo là fuori Back to the Wild non potrà che aiutarvi nel vostro proposito, potrebbe innanzitutto aprirvi gli occhi su cosa questo significhi davvero, perché Chris non era sceso a compromessi. Com’è noto Chris alla fine è diventato un esempio di come l’uomo trovi la sua piena realizzazione nel rapporto con l’Altro – la sua vicenda viene citata persino, un’altra coincidenza?, in un libro appena uscito di uno psicoanalista di fama come Massimo Recalcati – piuttosto che nella ricerca introspettiva individuale. Conoscere Alex Supertramp attraverso il suo sguardo, grazie alle sue fotografie, rafforza questa convinzione. Buona lettura; ah, i ragazzi di NBM ne hanno stampate solo 1500 copie, lettori avvisati…

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Neal Barrett Jr., Interstate Dreams, quello che ti raccontano i film è vero

Interstate Dreams di Neal Barrett Jr.

Interstate Dreams di Neal Barrett Jr.

Interstate Dreams di Neal Barret Jr.
Traduzione di Sebastiano Pezzani
Miraviglia Editore, 2014, 5,99 €

«A Dreamer era chiarissimo che un sussurro nell’etere, un balbettio online fossero la nuova voce della verità sulla terra, che la realtà virtuale fosse ancor più reale di quanto la realtà stessa fosse mai stata, e sapeva che la cosa non gli piaceva».

Ci sarebbe poco da aggiungere alla recensione di Interstate Dreams a firma di Livin Derevel apparsa su Scrittevolmente l’estate scorsa, concordo su tutto, specie sulla definizione “atipico”; ecco, quel poco che manca a commento di questo bizzarro romanzo portato in Italia dalla Miraviglia Editore di Reggio Emilia lo aggiungo io. Non so se la storia di Dreamer, ladro provetto e titolare di un negozio di acquari, reduce di guerra con una scheggia nella testa in giro per le strade di Houston ed Austin, sia una storia di fantascienza, se lo è, lo è alla maniera di Strange Days di Kathryn Bigelow (spero sia anche tra i vostri film preferiti), l’elemento sci-fi è talmente integrato nella trama da diventare invisibile o da confondersi con il fantasy: le moderne tecnologie e il voodoo sono poi così lontani?

È stato difficile affrontare le prime pagine, ma dopo aver dato piena fiducia a Pezzani (ultima voce italiana di Barrett dopo Bini, Fiore, Fusco, Pilo ecc., i traduttori anni Ottanta e Novanta dello scrittore texano in forza a Mondadori e Fanucci) sulla resa in italiano di un testo inglese imamgino arduo da decifrare, pieno com’è di suggestioni lisergiche ed alcoliche, la lettura scorre veloce. Una chiave di lettura della trama del resto ce la fornisce lo stesso Barrett quando afferma che “I telefilm sono la realtà. ci dicono cosa è bello e cosa non lo è. Diane l’aveva capito prima ancora di compiere sei anni”, Interstate Dreams, pubblicato nel 1999, si presterebbe benissimo a diventare una miniserie televisiva o, accentuandone i lati grotteschi, un lungometraggio diretto da Guy Ritchie.

Naturalmente il cortocircuito che rende credibile per il lettore italiano la storia sopra le righe narrata da Barrett è proprio la nostra sovraesposizione alla produzione mediatica nordamericana. L’eroe, bianco che vorrebbe essere nero, ferito nel corpo e nell’anima, di ritorno da “un’altra guerra mediorientale”, deve affrontare oltre ai cattivi di casa – nababbi annoiati dalle passioni stravaganti e pericolose, mafiosi dedidti agli affari più loschi e disgustosi – anche un principe mediorientale (sic!) per riavere ciò che ama. Sarà aiutato dagli ultimi del Texas, esponenti di una comunità nera e ispanoamericana non abbiente ma coraggiosa, non certo definibile onesta tuttavia dotata di codici e regole a differenza dei cattivi di cui sopra. Perché ci sembra plausibile tutto ciò? Perché a consolidati stereotipi narrativi si affianca uno scenario a noi ben noto grazie ad anni di serial tv a stelle e strisce.

Una volta entrati nella testa di Dreamer (il protagonista senza un nome “vero” della storia), sempre che non abbiate abbandonato Interstate Dreams alle prime pagine, possibilità non remota visto il suo inizio caotico, non scenderete che all’ultima riga. Sarete un po’ scombussolati come dopo un giro sulle montagne russe, una di quelle toste che hanno negli USA, ma contenti per aver retto a uno scarto narrativo dopo l’altro. Se per voi lettura equivale a divertimento, come sostiene Michael Chabon in “Mappe e leggende”, se non vi spaventate di fronte a turpiloquio, visioni, bugie, armi, psicofarmaci, automobili americane, aerei della Prima guerra mondiale, Neal Barrett Jr., ahinoi scomparso non ancora settanticinquenne a febbraio, è tra gli autori da inserire tra i vostri preferiti.

Non so se Miraviglia Editore si intestardirà a riportare nelle librerie, elettroniche e non, italiane l’intera produzione di Neal Barrett Jr., l’ideale sarebbe un accordo con gli eredi almeno per quanto riguarda i diritti di pubblicazione elettronica qui da noi; sarebbe un bel segnale per i patiti della fantascienza e del fantasy del Bel Paese. Se intendiamo la rivoluzione digitale del libro attualmente in corso come positiva per l’industria editoriale, ciò vorrebbe dire rendere disponibile una trentina di titoli (di cui meno di una decina tradotti, buon lavoro Miraviglia!) altrimenti irraggiungibili per il lettore che non voglia leggere questo scrittore in lingua originale. Ricordo che la sua opera sta infatti scomparendo (o è già scomparso) anche dagli scaffali delle biblioteche.

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