Interstate Dreams di Neal Barret Jr.
Traduzione di Sebastiano Pezzani
Miraviglia Editore, 2014, 5,99 €
«A Dreamer era chiarissimo che un sussurro nell’etere, un balbettio online fossero la nuova voce della verità sulla terra, che la realtà virtuale fosse ancor più reale di quanto la realtà stessa fosse mai stata, e sapeva che la cosa non gli piaceva».
Ci sarebbe poco da aggiungere alla recensione di Interstate Dreams a firma di Livin Derevel apparsa su Scrittevolmente l’estate scorsa, concordo su tutto, specie sulla definizione “atipico”; ecco, quel poco che manca a commento di questo bizzarro romanzo portato in Italia dalla Miraviglia Editore di Reggio Emilia lo aggiungo io. Non so se la storia di Dreamer, ladro provetto e titolare di un negozio di acquari, reduce di guerra con una scheggia nella testa in giro per le strade di Houston ed Austin, sia una storia di fantascienza, se lo è, lo è alla maniera di Strange Days di Kathryn Bigelow (spero sia anche tra i vostri film preferiti), l’elemento sci-fi è talmente integrato nella trama da diventare invisibile o da confondersi con il fantasy: le moderne tecnologie e il voodoo sono poi così lontani?
È stato difficile affrontare le prime pagine, ma dopo aver dato piena fiducia a Pezzani (ultima voce italiana di Barrett dopo Bini, Fiore, Fusco, Pilo ecc., i traduttori anni Ottanta e Novanta dello scrittore texano in forza a Mondadori e Fanucci) sulla resa in italiano di un testo inglese imamgino arduo da decifrare, pieno com’è di suggestioni lisergiche ed alcoliche, la lettura scorre veloce. Una chiave di lettura della trama del resto ce la fornisce lo stesso Barrett quando afferma che “I telefilm sono la realtà. ci dicono cosa è bello e cosa non lo è. Diane l’aveva capito prima ancora di compiere sei anni”, Interstate Dreams, pubblicato nel 1999, si presterebbe benissimo a diventare una miniserie televisiva o, accentuandone i lati grotteschi, un lungometraggio diretto da Guy Ritchie.
Naturalmente il cortocircuito che rende credibile per il lettore italiano la storia sopra le righe narrata da Barrett è proprio la nostra sovraesposizione alla produzione mediatica nordamericana. L’eroe, bianco che vorrebbe essere nero, ferito nel corpo e nell’anima, di ritorno da “un’altra guerra mediorientale”, deve affrontare oltre ai cattivi di casa – nababbi annoiati dalle passioni stravaganti e pericolose, mafiosi dedidti agli affari più loschi e disgustosi – anche un principe mediorientale (sic!) per riavere ciò che ama. Sarà aiutato dagli ultimi del Texas, esponenti di una comunità nera e ispanoamericana non abbiente ma coraggiosa, non certo definibile onesta tuttavia dotata di codici e regole a differenza dei cattivi di cui sopra. Perché ci sembra plausibile tutto ciò? Perché a consolidati stereotipi narrativi si affianca uno scenario a noi ben noto grazie ad anni di serial tv a stelle e strisce.
Una volta entrati nella testa di Dreamer (il protagonista senza un nome “vero” della storia), sempre che non abbiate abbandonato Interstate Dreams alle prime pagine, possibilità non remota visto il suo inizio caotico, non scenderete che all’ultima riga. Sarete un po’ scombussolati come dopo un giro sulle montagne russe, una di quelle toste che hanno negli USA, ma contenti per aver retto a uno scarto narrativo dopo l’altro. Se per voi lettura equivale a divertimento, come sostiene Michael Chabon in “Mappe e leggende”, se non vi spaventate di fronte a turpiloquio, visioni, bugie, armi, psicofarmaci, automobili americane, aerei della Prima guerra mondiale, Neal Barrett Jr., ahinoi scomparso non ancora settanticinquenne a febbraio, è tra gli autori da inserire tra i vostri preferiti.
Non so se Miraviglia Editore si intestardirà a riportare nelle librerie, elettroniche e non, italiane l’intera produzione di Neal Barrett Jr., l’ideale sarebbe un accordo con gli eredi almeno per quanto riguarda i diritti di pubblicazione elettronica qui da noi; sarebbe un bel segnale per i patiti della fantascienza e del fantasy del Bel Paese. Se intendiamo la rivoluzione digitale del libro attualmente in corso come positiva per l’industria editoriale, ciò vorrebbe dire rendere disponibile una trentina di titoli (di cui meno di una decina tradotti, buon lavoro Miraviglia!) altrimenti irraggiungibili per il lettore che non voglia leggere questo scrittore in lingua originale. Ricordo che la sua opera sta infatti scomparendo (o è già scomparso) anche dagli scaffali delle biblioteche.