Laura Imai Messina, Tokyo Orizzontale, fa caldo questa notte e l’eclisse si avvicina

Tokyo orizzontale di Laura Imai Messina

Tokyo Orizzontale di Laura Imai Messina

Tokyo Orizzontale di Laura Imai Messina
Piemme, 2014, 9,99 €

«La tortura il pensiero di un altro incontro fallito, di un altro contatto smarrito tra le vie di Tokyo e che ha la certezza non recupererà mai più. Perché è una donna intelligente e sa che si ritrovano solo le cose che sono state nostre e non quelle che ci hanno sfiorato.».

In apparenza “Tokyo Orizzontale” ha sei personaggi principali; in apparenza, perché fin dal titolo e dalla terza riga di questo romanzo sale prepotente alla ribalta il settimo, la città stessa. Sembra quasi che sia la megalopoli nipponica in persona, prendendo a prestito la voce di una italiana in Giappone, a scegliere di raccontare tre giorni della vita di Sara, Hiroshi, Carmen, Jun, Masako e Hideo (ingiustamente trascurati dai paratesti editoriali – sui tra l’altro cercate il mio P.S. in fondo a questo post – che accompagnano il testo di Messina); anzi, pare sia quasi il suo cuore – Shibuya – a regalarci sei battiti della sua esistenza centenaria. Tokyo è una città giovanissima dal cuore altrettanto giovane dove l’autrice ci ricorda spesso che tutto cambia, letteralmente la Tokyo del 2009 in cui questa storia è ambientata non esiste più.

Poco meno di tredici milioni di abitanti cinque anni fa, oggi forse quindici, anche solo pensare che sia possibile raccontare una storia ambientata a Tokyo dipingendo sei personaggi appena ha dello sfrontato. Per questo “abbiamo bisogno” degli scrittori, perché sono abbastanza folli da imbarcarsi in imprese impossibili. Come fai a far spiccare tre donne a Tokyo su tutte le altre? Come riesci a rendere “reali”, usando solo le parole, tre uomini fra tutti i salaryman che si uccidono di lavoro a Tokyo e per Tokyo? Su Twitter ho scambiato due parole con l’autrice dicendole che mi aveva colpito soprattutto quanto giapponesi fossero i suoi personaggi giapponesi, adesso che ho più di 140 caratteri posso spiegarle meglio questo concetto (e questo pregio di “Tokyo Orizzontale” a mio giudizio) che mi rendo conto può apparire banale.

Come ve li immaginate i personaggi dei romanzi che leggete di solito? Nella mia testa parlano tutti con il mio accento – che mi illudo sia italiano standard quando probabilmente è milanese – ricordo ancora lo shock cognitivo che ho subito quando dopo aver visto il film di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” ho capito che Alex e Aidi parlavano e pensavano con l’accento bolognese. Chiusa parentesi Brizzi. In “Tokyo Orizzontale”, non so come spiegarvelo meglio, i personaggi lo capisci che parlano in giapponese (a volte in inglese); Hiroshi, Jun, Masako e Hideo ho compreso da subito quanto mi siano estranei (e quanto sia più vicino a Sara e Carmen) leggendo i loro pensieri e osservando le loro azioni. Ovvio, per quello che posso immaginare la vita di un giovane giapponese vista dall’Italia, naturalmente.

Chissà perché. Forse perché il sottoscritto, come l’autrice, è fra i nati negli anni Ottanta e se conosco, o credo di conoscere, una cultura diversa dalla mia – lasciamo da parte quella USA – è proprio quella nipponica. Negli anni ho assorbito, e non credo di essere stato il solo, tantissima cultura pop giapponese attraverso il filtro dei cartoni animati, dei manga, dei videogiochi, dei film e degli spettacoli di Beat Takeshi o i romanzi tradotti di una manciata di scrittori come Yoshimoto Banana e Murakami Haruki: la Tokyo di Laura Imai Messina è già nella mia testa prima che sulla pagina.

Accanto alle vicende che coinvolgono i protagonisti – quando gli “eppure sarebbe stato bello” di Sara si scioglieranno in un indicativo? riuscirà Carmelita a chiedere al Perfetto Sconosciuto come si chiama? a chi Hiroshi confesserà il suo dolore? cosa vuole veramente Jun? per quanto tempo ancora si autoingannerà Masako? Hideo ha davvero rinunciato alla sua vera passione? – scorrono quelle dei tokyoti che un narratore onnisciente si preoccupa di evidenziare di volta in volta, il destino di un ragazzo appena sceso dal treno, quello di una donna che attraversa veloce la strada e così via.

“Tokyo Orizzontale” è un’opera prima bella e imperfetta, bella perché mi ha fatto viaggiare per 9700 chilometri con la fantasia, perché mi ha portato a tifare per la protagonista, perché il suo congegno narrativo anche se in apparenza complesso il giusto è preciso quanto la rete di trasporti della capitale giapponese; imperfetta perché a volte mi ha detto troppo quando avrebbe dovuto tacere, per qualche sbavatura nel linguaggio figlia forse di troppi anni di lontananza dall’Italia (ma esistono gli editor per questo), perché l’avrei chiuso a “cuore.” ma è colpa mia che [attenzione: spoiler] i finali alla めぞん一刻 non mi piacciono.

P.S. Che è successo cara Piemme? Perché avete scelto una copertina che ammicca alla valanga di titoli softcore che ci ha sommerso negli ultimi anni – il cosiddetto effetto Cinquanta sfumature – per un romanzo dove il sesso è sì presente ma di sicuro non centrale? Se l’ebook si salva riportando solo il testo dell’aletta, il libro presenta la parola sesso nello strillo di copertina, in quarta e appunto in aletta. Era davvero necessario?

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