Archivi del mese: febbraio 2016

Inchiostro elettronico, in attesa di etichette per valigie e schermi grandi come fogli A4

Addio etichette? Rinowa incorpora uno schermo eink nelle sue valigie

Addio etichette? Rimowa e le sue valigie con schermo eink

Recentemente ho fatto una decina di viaggi in treno tra la Lombardia e il Veneto, sia sui regionali sia sulle Frecce di Trenitalia, e mi ha colpito come tra i lettori si siano diffusi non solo i Kindle ma anche i Kobo; che la gente si sia abituata a trovarli nei punti vendita delle grandi catene di elettronica di consumo? In realtà l’inizio del 2016 pare segnare fosche previsioni per un’altra possibile alternativa al libro cartaceo: il tablet (cfr. Why the iPad is going extinct, New Republic, 29 gennaio 2016). Come ricordete l’ereader è già stato dato per morto l’anno scorso ma ho visto con i miei occhi nella metropolitana di Milano un paio di impavide lettrici leggere romanzi su iPad o Samsung ecc. Contente loro, io ci perderei definitivamente la vista dopo otto ore davanti a un computer ma immagino per ciascuno di noi sia diverso.

Se cercate un riassunto dell’anno appena trascorso per quel che riguarda l’editoria elettronica vi segnalo “Editoria digitale, un bilancio oltre le superficialità e qualche previsione” di Gino Roncaglia (sul sito de Il Libraio; 09/02/2016). Non mi trovo d’accordo con la sua affermazione che “l’ebook non [sia] affatto un medium ‘esplosivo’ capace di conquistare rapidamente un territorio prima non presidiato; non è dunque paragonabile, per intenderci, né alla radio, né alla televisione, né a Internet” perché, anche se il libro elettronico non veicola contenuti nuovi ma replica perlopiù quelli della sua controparte cartacea, ha la stessa forza dirompente che ha avuto l’introduzione del file mp3 per la musica. L’immediatezza con la quale si può “scaricare” un libro oggi – pur con tutti i difetti dei suoi vari formati – rende l’ebook un mezzo che ha già catturato il nostro immaginario. Come può non essere digitale anche il libro, oggi?

Se vi capita di passare in edicola o in libreria – ma naturalmente esiste anche la sua versione elettronica – il numero 28 di Progetto grafico uscito a novembre 2015 è proprio dedicato al fare i libri nel XXI secolo se vi interessa l’argomento. In particolare vi segnalo gli articoli “Medium. Esperienze utente e nuovi scenari per l’editoria digitale” di Pompilii e “Oltre il libro. Motivazioni, economia e competenze nelle ricerche editoriali contemporanee” di Camillini. Per riassumere, da una parte il digitale che non vedete (quello di chi i libri li fa) sta paradossalmente facendo dimenticare come si fanno i libri ad alcuni “editori” – alcuni volumi in libreria adesso solo vent’anni fa non ci sarebbero neppure arrivati, parlo di errori tecnici – dall’altra giovani e meno giovani entusiasti stanno riscoprendo il libro artigianale, più prezioso e in certi termini fatto più a regola d’arte rispetto a quello industriale attuale.

Tornando agli ebook ancora non si vedono  smart ereader o phone-ereader, ovvero smartphone dotati di uno schermo a inchiostro elettronico. Sono mesi che i francesi della Danew hanno annunciato il loro Konnect Twin, un diretto concorrente dello YotaPhone 2 ma continuano a rimandarne il lancio; pare che anche Lumia sia interessata ad aggiungere uno schermo eink ai suoi prossimi dispositivi come potete leggere su Pianetaebook . Il 2016 potrebbe poi essere l’anno giusto per un ereader di grande formato, parliamo di 13 pollici di diagonale, più o meno le dimensioni di un foglio A4, se volete saperne di più leggete il post di Nate Hoffelder First Look at the 13″ Onyx Boox Max, 9.7″ Onyx Boox N96 su The Digital Reader. C’è movimento intorno alla tecnologia eink anche se Amazon sta rimandendo sostanzialmente ferma con lo sviluppo del suo lettore di libri digitali per antonomasia, il Kindle.

Dove invece la carta e l’inchiostro elettronici continuano a fare passettini in avanti è la nostra quotidianità. Rammentate che vi parlavo delle etichette dei prezzi nei supermercati (in Italia curiosate nei negozi Mediaworld), per non parlare di alcuni modelli di orologi (Seiko e Sony)? Oggi stanno sperimentando la caratteristica più golosa dell’eink, la poca energia richiesta per fare funzionare i suoi schermi. Vi avevo accennato che i display eink potevano essere anche a due colori rosso e nero ma se vi dicessi verde e nero cosa vi viene in mente? Ma le fastidiose e lunghe etichette che si adoperano tutte le volte che prendiamo un volo aereo e dobbiamo ogni volta sperare che rimangano attaccate per miracolo alla manigia della nostra valigia.

E allora ecco che la Rimowa, una marca di valigie di lusso ha avuto l’idea di incorporare in sette modelli uno schermo eink che riproduce in digitale l’etichetta. Grazie a una app sul vostro smartphone apparirà di volta in volta sul display il codice corretto per il viaggio che intendete fare e non è che lo schermo abbia molto da fare, si limiterà a fornire per il tragitto l’informazione corretta. La sperimentazione – se pensate sia una sciocchezza vi rammento che ci aveva provato già British Airways tre anni fa – inizierà a metà marzo 2016 con Lufthansa. Come ha scritto Dane Steele Green sull’Huffington Post: “Qualsiasi tecnologia che consenta alle persone di evitare le fila e di raggiungere [rapidamente] il loro gate è ben accetta, oltre che attesa da tempo”. E come dargli torto.

Aggiornamento marzo 2016: un altro utilizzo interessante degli schermi eink nella nostra quotidianità è quello relativo ai trasporti pubblici. Perché usare la carta per comunicare ai cittadini gli orari dei mezzi quando uno schermo a inchiostro elettronico si dimostra più comodo? Devono averlo pensato in Slovenia a Lubiana dove quattro fermate dell’autobus sono state dotate di schermi eink; trovate un approfondimento sul sito visionect.com l’azienda che ha fornito alla capitale slovena schermi e software per questa svolta ecologica e intelligente, la prossima città che seguirà questo esempio? Londra, naturalmente.

Immagine | Rimowa

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A domanda, “Ma le donne?”, quelli di SUR mi han risposto: “Nessun problema”

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Guido Morselli, Dissipatio H.G., intorno c’è il possibile, che non diventa quasi mai reale (per noi)

Dissipatio H.G. di Guido Morselli

Dissipatio H.G. di Guido Morselli

Dissipatio H.G. di Guido Morselli
Adelphi, prima edizione digitale 2012, 6,99 € (ebook), 19 € (libro)

«L’aspirazione a possedere materialmente una cosa o una persona, nasconde, con qualche approssimazione, il nostro passare a altro. Quello che abbiamo posseduto, ce lo possiamo mettere dietro alle spalle, confinarlo nel passato, nel già-fatto».

Ho preso in biblioteca questo ebook di Guido Morselli via MLOL – lo sapete che potete prendere gli ebook in prestito se avete un Kobo, vero? – perché come accennavo ad Appunti di carta su Twitter stavo “inciampando” ovunque da qualche mese in questo autore morto suicida. E una, e due, e tre alla fine mi sono deciso e sono partito nella mia scoperta di questo autore da “Dissipatio H.G.” uscito postumo come tutte le storie di Morselli per Adelphi nel 1977. Com’è? Immaginate la vicenda di Les Revenants al contrario, avete presente quella serie francese dove i morti ritornano? Ebbene qui durante la notte tra il 1° e il 2 giugno “se ne vanno” invece tutti gli uomini e le donne, tranne il protagonista.

Fossimo un paese orgoglioso della propria cultura non solo a parole, ci avrebbero tratto una serie TV coi fiocchi dal libro di Morselli. I produttori avrebbero avuto il set anche a due passi, dato che la storia è ambientata a tutti gli effetti in Svizzera, tra una città, Crisopoli (nome dietro al quale si cela Zurigo),  e vallate più o meno incontaminate. Anzi decontaminate, visto che “Dissipatio H.G.” è un romanzo post-apocalissi sui generis dove il narratore, dopo un maldestro tentativo di suicidio (sic!), si ritrova a vagabondare su una Terra che, al di là delle creazioni dell’uomo, vede la presenza di un solo essere umano, il protagonista, appunto, via via sempre più certo di essere l’ultimo rimasto.

Insieme al lettore il protagonista si interroga sul perché e il percome di questo inaudito fenomeno. A quarant’anni dalla sua stesura il romanzo è affascinante per la società che descrive, reduce da appena un trentennio dal secondo confilitto mondiale ma già pervasa da quella tecnologia che sta diventando sempre più presente ai giorni nostri. È grazie alle auto, ai telefoni e ai frigoriferi ancora funzionanti che il narratore può muoversi e sopravvivere per le strade deserte della sua detestata Svizzera. “L’idolatria della comunicazione era una vizio recente, semplicemente una cattiva abitudine” afferma a un certo punto il nostro sopravvissuto e chissà quale sarebbe stato il giudizio di Morselli del nostro tempo che ha visto prevalere questa adorazione per la comunicazione!

Ad alternare la presa di possesso del protagonista senza nome di “Dissipatio H.G.” della sua Terra disabitata – si capisce che rapidamente la Natura si riprenderà ciò che l’uomo le aveva strappato con l’artificiale –, a mio giudizio la parte più riuscita (“Sono un Robinson le cui robinsonades possono sembrare facili, grazie alle circostanze”), ci sono continui flashback, in particolare di un periodo trascorso dal narratore presso la clinica privata Wanhoff. A questa esperienza di cura precedente all’Evento risale l’incontro con un personaggio, il medico Karpinsky, che sebbene sappiamo essere già morto, tornerà in guisa di fantasma o allucinazione in soccorso al protagonista sempre più sull’orlo della pazzia.

Faticoso in alcune parti per via di alcune digressioni filosofiche – “Ho dei trascorsi eruditi di cui, dopo un’astinenza di anni, non mi pento” –, “Dissipatio H.G.” è solo incidentalmente un romanzo di fantascienza. È una storia fantastica che Morselli pare aver scritto innanzitutto per sé. Sembra che lo scrittore voglia arrivare a comprendere tramite la letteratura cosa significhi lasciare il suo mondo per un altro mondo, anzi per l’altro mondo visto che una delle chiavi di lettura è che il protagonista della vicenda si sia in effetti tolto la vita. Se rimane il mistero circa l’Evento motore di tutto il volume rimane comunque il piacere di essere stati trasportati dall’autore alla fine del Tempo. Il che non è poco.

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