Quest’anno sarà ricordato dai pochi che se ne interessano come quello del trentennale del Salone del Libro di Torino e quello della prima edizione di Tempo di Libri a Milano. Quanti visitatori si aspettava Torino nel 1988? Cinquantamila, furono centomila. Quanti se ne aspettava la prima fiera dell’editoria milanese nel 2017? Settanta/ottantamila per dichiararsi soddisfatti, sono stati sessantamila. Secondo me ha ragione la responsabile del programma di Milano Valerio che sul Libraio si domanda “La mia curiosità di oggi, è che cosa vogliamo vedere in questi numeri?” (“Tempo di Libri: il bilancio di Chiara Valerio, che guarda al futuro della manifestazione”, 24/04/2017).
In pochi ricordano come nel 1987 furono appena quattro editori, l’Einaudi, l’Utet, la Sei e la Boringhieri, a voler organizzare il primo salone nel capoluogo piemontese (un approfondimento lo trovate sul sito di RaiNews); l’imprenditore Guido Accornero raccolse l’idea del libraio Angelo Pezzani e pur tra i malumori di Milano e lo scetticismo di Bologna – “Vincente non è lavorare sul generico ma sullo specifico”, così dichiarava al Corriere nel luglio 1987 la project manager della Fiera del Libro per ragazzi Francesca Ferrari – il salone l’anno dopo si fece. Erano anni del resto in cui con le parole di Carlo Sartori, direttore relazioni esterne di Mondadori “se la capitale del libro è Milano, Torino lo è però dei saloni”.
Se però, come è probabile, ben pochi torinesi – sindaco Appendino a parte – hanno preso il treno per partecipare a Tempo di Libri e se a Torino quando dichiaravano 300.000 visitatori solo il 37% (circa 100.000 persone) veniva da fuori regione (fonte: La dimensione economica del Salone Internazionale del Libro di Torino, dicembre 2009) allora Tempo di Libri ha fatto emergere a Milano 60.000 persone interessate alla lettura e all’oggetto libro.
Un numero di milanesi certamente inferiore alle attese ha raggiunto i padiglioni della Fiera – la metà dei residenti delle zone 14 e 15 del capoluogo lombardo accorpate, ma equivalente agli abitanti di Benevento o Matera –, che pur tuttavia, sempre secondo le rilevazioni dello studio che vi ho citato (appena il 13,7% del pubblico del Salone che arrivava dalla Lombardia si fermava più di un giorno, sovrastimiamo a 20.000 i limboardi che vanno al Salone?), difficilmente andrà al Lingotto quest’anno.
L’edizione 2016 di Torino si è fermata a 126.406 biglietti staccati, sotto la Mole c’è chi festeggia perché Milano non ha messo in ombra il Salone steccando per numero di visitatori la sua prima edizione (dato finale: 60.796 biglietti)… ma sono consapevoli a Torino che fuori dal Piemonte c’è chi non ha mai sentito parlare dopo ventinove edizioni di un Salone del Libro? Già trent’anni fa c’era chi parlava della necessità di una fiera itinerante per l’Italia, ora ce n’è un’altra a Milano che ha aggiunto pubblico invece che sottrarlo, esattamente come a Roma dove nel corso di quindici anni sono riusciti a consolidare uno zoccolo duro di 50.000 persone disposto a spingersi all’EUR per partecipare a Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria.
Possiamo vedere nei numeri di Tempo di Libri una sconfitta ma non sarebbe che la sconfitta di un progetto culturale e credete davvero ci sia bisogno di vedere morire il dibattito delle idee in Italia? Facciamo a chi sta dalla parte del lettore per una volta e auguriamoci che gli editori e l’amministrazione comunale milanese decidano di replicare l’anno prossimo organizzando Tempo di Libri 2018. Aumenteranno anche i numeri del Salone di Torino.
Immagine | Corriere dalla Sera, 23 maggio 1988