Archivi del mese: dicembre 2018

Amitav Ghosh, La grande cecità, immaginando altre forme di esistenza umana

La grande cecità di Amitav Gosh

La grande cecità: il cambiamento climatico e l’impensabile di Amitav Ghosh
Traduzione di Anna Nadotti e Norman Gobetti
Neri pozza, aprile 2017, (cartaceo 16,50 €, 208 pagine; ebook 9,99 €)

«Credo anzi di poter prevedere che, mentre intorno a noi aumenta il livello dei mari, la dimora della letteratura seria […] raddoppierà il proprio senso di sé, costruendo barricate ancora più alte per tenere lontane le onde».

Arrivo buon ultimo a leggere il saggio La grande cecità di Amitav Gosh. Coincidenza vuole che questo dicembre 2018 Radio Tre stia trasmettendo in più puntate il suo secondo romanzo “Le linee d’ombra” (già Einaudi 1990, ora reperibile per BEAT). Già anni fa, incuriosito dal progetto poi sfumato di Gabriele Salvatores di farci un film, avevo letto il suo “Il cromosoma Calcutta”, storia decisamente sui generis e impegnativa, che seppur bello non mi aveva invogliato ad approfondire la sua conoscenza. Epperò come resistere a un affermato romanziere che finalmente alza la mano e dice: “Colleghi, fermi tutti, non è che si debba parlare nelle nostre opere anche del clima che sta cambiando in ogni angolo del globo?” (parafrasi mia). Gli scrittori del mondo occidentale sembra che non riescano a contemplare nelle loro storie questo cambiamento epocale.

Per quale ragione Amitav Ghosh invece richiama tutti all’ordine? Probabilmente perché pur scrivendo in inglese è indiano e all’India le nazioni del Primo mondo stanno chiedendo di non sfruttare le sue materie prime (il carbone) per svilupparsi. Perché? Perché così contribuisce a destabilizzare il clima con le sue emissioni. Sì, d’accordo, allora perché l’Europa ha sfruttato impunita questa risorsa per più di due secoli e ora chiede ai Paesi emergenti di tirare il freno a mano? Perché avere una nazione potente in più sul palcoscenico mondiale significherebbe ridistribuire il potere e questo ai potenti della Terra non va giù. È curioso il parallelismo di un ragionamento simile con ciò che sta accadendo in Francia nel 2018 con i gilet jaunes. In nome dell’ecologia si rincara una risorsa che serve (la benzina) ma al povero non sta bene.

Contemporaneamente “il cambiamento climatico ha rovesciato l’ordine temporale della modernità: quanti si trovano nelle periferie ora sono i primi a sperimentare ciò che ci attende tutti” scrive Ghosh. E, se questo è vero se prendiamo in considerazione i disastri nei Paesi caraibici cui assistiamo durante il passaggio di uragani sempre più forti, la devastazione portata dalla tempesta di vento e pioggia sulle foreste del Trentino, del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia a inizio novembre 2018 ha reso ormai tangibile l’“eccezionalità” (quanto ancora resterà tale?) degli eventi climatici estremi anche alle nostre latitudini. E la forma romanzo com’è andata strutturandosi in Occidente negli ultimi secoli potrebbe non essere il modo più adatto per raccontare il quotidiano.

Se “ciò di cui abbiamo bisogno è trovare una via di uscita dall’immaginario individualizzante in cui siamo intrappolati” allora forse le narrazioni concepite come “storie morali individuali” non possono darci una mano per prendere quelle decisioni collettive che ci permetteranno di “riscoprire la nostra parentela con gli altri esseri viventi”. E di fronte all’incapacità della politica e dei movimenti civili di guidarci verso un cambiamento di paradigma allora magari saranno i movimenti religiosi (sic!) a farlo. Spero di non farvi un torto rivelandovi la conclusione cui giunge Ghosh esaminando in parallelo l’enciclica di papa Francesco e l’accordo sul clima di Parigi. Se gli imperi non hanno intenzione di redistribuire il benessere non è che ci penserà la religione?

Diviso in tre parti – Storie, Storia e Politica – “La grande cecità” ha tutte le carte in regola per diventare un punto di riferimento per comprendere i romanzi che vi ritroverete a leggere in futuro. Mi sta parlando del cambiamento climatico in atto? Se sì, perché? Se no, perché? Abbiamo bisogno di testi che ci aiutino a cambiare il nostro punto di vista e anche a scrivere romanzi diversi, più consapevoli. O forse a tornare a scriverli. “Com’è […] accaduto che il terreno dell’immaginazione e quello della scienza siano stati così drasticamente separati?”. Agli albori della modernità ci ricorda Ghosh “il rapporto tra la letteratura e la scienza era molto stretto”, quale immaginario collettivo differente avremmo ora se questo connubio non si fosse sciolto? Se pensiamo anche solo a questo spunto capirete perché è doveroso oggi pensare all’impensabile.

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Ester Viola, Gli spaiati, inizio a pensare che per alcuni sia una scelta

Gli spaiati di Ester Viola

Gli spaiati di Ester Viola
Einaudi Editore, 2018, 8,99 € ebook (17 € cartaceo)

«”Diteci che io non sono fessa, la vedo. Fa la scema pure col vicino vostro, l’ingegnere. Quello che vi dovevate sposare voi, se tenevate ‘a capa ‘n capa”».

Qualcosa non mi tornava girata l’ultima pagina di L’amore è eterno finché non risponde – titolo d’esordio per Einaudi di Ester Viola nel 2016e sono contento, ora che ho finito il seguito, “Gli spaiati” appunto, di aver capito per quale motivo. Ritroviamo l’avvocato Olivia Marni, personaggio cui con tutta probabilità vi affezionerete se già non l’avevate adottato nel primo libro, incredibilmente imbrogliata in una relazione funzionale. Trasferitasi da Napoli a Milano per seguire il suo capo Luca fresco di separazione dalla moglie Carla, Olivia ci fa partecipe delle sue riflessioni su cosa significhi essere in coppia con qualcuno che un rapporto lo sa condurre. Ma è questo che la nostra quarantenne vuole? Non è che una volta raggiunto l’obbiettivo di essere felici in due non ci si possa rendere di colpo conto che non faccia per noi? Non è che esistono gli spaiati per natura?

Cosa mi è piaciuto de “Gli spaiati”: Milano. Se nel primo libro una delle protagoniste era la città di Napoli (immancabile anche ne “Gli spaiati” dove compare come attrice non protagonista), la Milano della borghesia meneghina, quella che può permettersi le case e i vestiti che compaiono negli inserti settimanali del Corriere della Sera, è comprimaria a tutti gli effetti. Forse perché palcoscenico più adatto – “Milano non si intromette” – del capoluogo partenopeo della nuova vita di Luca e Olivia. Un’esistenza tranquilla da coppia in carriera dove lui può continuare a essere il papà dei due figli nell’appartamento accanto e lei chiedersi quanto gli stia bene un uomo che non le dà alcun motivo di dubitare del suo sentimento. Tutto bene? Non proprio visto che stare insieme a Luca significa aver perso Viola (primo amore di lui), la migliore amica e la confidente più cara dell’ex-spaiata.

E quindi siamo di fronte a problemi da primo mondo? Beh, sì, non si capiva dal titolo? O per meglio dire, siamo in un mondo alternativo dove tutti noi siamo scritti da Nora Ephron, non certo per caso evocata con nome e cognome a un certo punto de “Gli spaiati”. La sospensione dell’incredulità è obbligatoria perché l’assunto da cui parte Ester Viola è l’estrema attenzione che tutti i personaggi nutrono nei confronti degli altri. Olivia è ipersensibile a ogni minimo segnale che le viene lanciato, anche in modo inconsapevole, dalle persone che la circondano. E questo è applicabile a tutti gli uomini e le donne che incontreremo lungo il libro, esperti sopraffini dell’interpretazione del comportamento umano. Eppure, l’esperienza ci dice che l’indifferenza è il primo abito mentale che, almeno nell’Italia settentrionale, ti abitui presto a indossare.

Cosa non mi è piaciuto: aver capito molto presto le mire di uno dei personaggi (ma vallo a sapere, magari Ester Viola l’ha fatto a bella posta) fondamentale per la risoluzione della trama. D’altro canto, però, sarò troppo ingenuovedi a questo proposito la mia irritazione su come era finito il primo libro –, non mi aspettavo per niente il finale de “Gli spaiati” che mi auguro possa rimanere parte di un dittico perfetto. Non ce la vedo Olivia Marni protagonista di un terzo capitolo conclusivo, perché non c’è portata l’avvocato alle conclusioni. Le sciagure sentimentali non le prevedono perché hanno insito il preludio di una nuova e quindi, a rigor di logica, le loro non si possono definire conclusioni autentiche. Nemmeno l’incedere dell’età può confortare, chi è spaiato è spaiato anche quando uno si aspetterebbe di aver raggiunto per esperienza una certa maturità amorosa.

Potrebbe sembrare che stia augurando a Ester Viola di smettere di scrivere. Non è così. Quel che auspico è che possa, vista la sua facilità di scrittura, abbandonare il personaggio di Olivia Marni per raccontarci altre storie. E forse ha già iniziato a pensarci, perché “Gli spaiati”, a mio avviso, narra una complicata storia d’amore che rimane sempre dietro le quintenascosta e ciò nonostante alla portata di tutti, come un faldone del labirintico tribunale di Napoli – e che non è riconducibile alla voce narrante di questo libro. Posso aver sbagliato in pieno la mia interpretazione del testo ma più volte mi è capitato di pensare: i veri protagonisti chi sono? P.S. Anche se aiuta a comprendere meglio i rovelli di Olivia, non è necessario leggere prima di questo libro “L’amore è eterno finché non risponde”. P.S.S. Viola ci dice che un ex-spaiato è uno spaiato che ha smesso… ma che rimane sempre tale proprio perché “vuole essere felice a tutti i costi con qualcuno”.

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