Archivi del mese: marzo 2019

John Niven, Uccidi i tuoi amici, fa freddo lì fuori

Uccidi i tuoi amici di John Niven

Uccidi i tuoi amici di John Niven
Traduzione di Marco Rossari, Einaudi editore, marzo 2019, (cartaceo 18,50 €, 348 pagine; ebook 9,99 €)

In quanto persona che si guadagna da vivere prevedendo e formando il gusto di milioni di dementi senza gusto, devi ripeterti che le sensazioni che provi tu sono universali, che le cose che pensi e le sensazioni che provi sono pensate e provate da milioni di altre persone.

Come spesso capita quando uno scrittore straniero trova un suo pubblico affezionato qui in Italia si procede sistematicamente a tradurre tutta la sua produzione. Il successo può arridire subito o a scoppio ritardato. Succede così che, seguendo la logica completista di cui sopra, il primo libro di John Niven – Uccidi i tuoi amici, uscito in Inghilterra nel 2008 ci venga proposto da Einaudi (grazie per la copia omaggio!) a dieci anni di distanza.   Tenendo conto che Niven in questo suo romanzo ci raccontava il 1997 di Steven Stelfox, un talent scout londinese, siamo quasi di fronte a un documento storico. Come ve la passavate vent’anni fa? Steven benissimo, sguazzante com’è nei fiumi di soldi, droga, alcol e sesso caratterizzanti il suo ambiente lavorativo, l’industria discografica pre-Napster.

Affrontato a cuor leggero “Uccidi i tuoi amici” regala divertimento e risate. Certo se non avete problemi con il linguaggio esplicito utilizzato dall’autore che proprio come il suo protagonista è privo di filtri. Niven procede per accumulo mostrando il suo giovane protagonista senza passato (solo alla fine del romanzo si scoprirà che è figlio unico e che ha ancora una madre) in preda a tutti i suoi vizi. Efficace da questo punto di vista la descrizione della propria mente che Steven ci spiega all’inizio del romanzo. Una sala controllo in stile Inside Out della Disney vietata ai minori, dove le sostanze psicoattive hanno da tempo bruciato qualsiasi possibilità di pensiero razionale che non sia la soddisfazione immediata dei propri bisogni e il riconoscimento sul lavoro di essere al top.

E visto che tutti i bisogni si realizzano grazie al denaro – “Penso sempre ai soldi.  Io ho due mutui, un prestito ponte, un fido e sei carte di credito più tutte le spese mensili” – la priorità per Steven è imbroccare un paio di successi all’anno mettendo sotto contratto il musicista giusto. Scoperto attraverso la propria abilità e il proprio sapere musicale? Assolutamente no, quest’aspetto della professione di talent scout discografico è rappresentato non a caso da un altro personaggio, Parker-Hall, uno a cui la musica pare, che ribrezzo, piacere davvero. Steven va avanti confidando nella fortuna investendo migliaia di sterline nella produzione di musicisti che non ha idea se riusciranno o meno a sfondare sul mercato.

In questo senso il libro di Niven funziona come metafora di qualsiasi industria che non abbia indicatori chiari su come portare a casa i risultati in base all’impegno profuso nello sforzo: potete spaziare dallo sport fino all’editoria e fare i paralleli con gli ambienti che meglio conoscete. In particolare, i festival musicali sembrano nient’altro che feste infinite dove gli addetti del settore strafatti non riescono neppure ad abbandonare le stanze degli alberghi per andare ad ascoltare un concerto. Il vero banco di prova per capire se un brano piace o meno sono le discoteche dove la bestia, il pubblico inglese, reagisce a caldo alla novità più grezza e becera su cui sono proprio i discografici stessi i primi a nutrire i dubbi maggiori.

Stelfox a dispetto del titolo non ha amici e i suoi colleghi sono in fondo tutti delle possibili minacce al suo dispendiosissimo stile di vita (da loro condiviso sia ben chiaro, viene citato non a caso quale sia il meglio della vita per Conan il barbaro all’inizio del romanzo). Stupisce quindi che si debba aspettare quasi un quarto del libro per assistere alla messa in scena di un tentato omicidio, preludio di tutto quel che capiterà dopo… esistono molti modi per mettere fuori gioco un avversario. Politicamente scorretto, misogino e cinico “Uccidi i tuoi amici” piacerà oltre ai fan di Niven a chi oggi trova ancora divertenti film come “Lock & Stock – Pazzi scatenati” o, per rimanere nel nuovo secolo, “Una notte da leoni”.

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Kristen Roupenian, Cat Person, una raccolta di orrori

Cat Person (racconti) di Kristen Roupenian

Cat Person di Kristen Roupenian
Traduzione di Cristiana Mennella, Gianni Pannofino e Maurizia Balmelli
Einaudi, febbraio 2019, (cartaceo 17,50 €, 252 pagine; ebook 9,99 €)

«Ragazza degli snack, dammi il tuo numero, – disse, e sorprendendo sé stessa lei glielo diede».

Ero curioso di leggere Cat Person tradotto in italiano. L’avevo intercettato su Internet, insieme a milioni di altri lettori, quando era uscito nel dicembre del 2017 su “The New Yorker”. Per chi ancora non lo sapesse, quell’Everest di visualizzazioni ha portato la sua autrice, Kristen Roupenian, a siglare un contratto a sette cifre con la Scout Press per la stesura di due libri, il primo è appunto la raccolta di racconti “You Know You Want This” pubblicato in Italia col titolo “Cat Person” (dedicato quindi innanzitutto a chi era piaciuto il racconto uscito sul New Yorker). Ringrazio Einaudi che mi ha fatto dono di una copia prima che potessi comprarlo. E quindi? Questa raccolta di dodici racconti scritti dalla scrittrice ed esperta di gatti (così la sua biografia su Twitter) Kristen Roupenian com’è?

È un mix di racconti fantastici e realistici. Già qui Roupenian spiazza la sua lettrice o il suo lettore che di “Cat Person” aveva apprezzato lo specchiamento con la propria esperienza personale. La scrittrice vuole raccontare altri genere di storie e sin da subito Ragazzaccio, che apre la raccolta, mette sulla buona strada raccontando come un rapporto amicale possa trasformarsi in una storia di cronaca orrenda e plausbile sebbene grottesca. Look At You Game, Girl viceversa ritorna su binari realistici narrando il possibile (?) incontro di una ragazzina con un tipo strambo. Neanche il tempo di rifiatare e Sardine ci riconsegna alle fantasie di vendetta tramutate in realtà di una madre separata.

Come considerare poi Il lettore notturno? Quanto credere al volontario internazionale di stanza in Kenya alle prese con una classe di ragazzine impossibili e una leggenda locale? Siamo ancora dalle parti del plausibile mentre con Lo specchio, il secchio e il vecchio femore torniamo al fantastico con la fantasia gotica di un’antica corte dove una principessa poi regina scivola piano piano verso una lucida follia. A metà raccolta Roupenian o i suoi editor collocano Cat Person, racconto più realistico che realistico non si può di una relazione (?) disastrosa. In quarta di copertina Einaudi ha scritto che i legami tra genere, sesso e potere descritti da Roupenian sono “ferocemente divertenti”. Da divertirsi c’è ben poco. C’è molta angoscia, questo di sicuro.

Il settimo racconto Il bravo ragazzo fin dal titolo si contraddice: chi è un bravo ragazzo, specialmente il protagonista immaginato da Roupenian, non lo è per nulla e se smascherato (o autosmascheratosi) si merita la punizione più severa. Il ragazzo della piscina avrebbe meritato qualche pagina in più: può una fantasia preadolescienzale avere ancora uno scopo una volta diventati adulti? E se sì perché e per chi? In Non avere paura torniamo sul fantastico (o allegorico) incontrando una donna e l’uomo da lei evocato, letteralmente. Sempre a questo genere appartiene La prova nel portafiammiferi che racconta di una coppia di San Francisco in crisi.

Gli ultimi due racconti, realistici sebbene estremi – Voglia di morire e Mordere – parlano rispettivamente di un appuntamento su Tinder in grado di cambiarti la vita e di come reagire alle molestie assecondando la propria natura non sia sbagliato. In conclusione: Roupenian non disdegna l’orrido, gli escrementi e il sangue (prima di Cat Person era riuscita a pubblicare principalmente online su testate di genere come “Body Parts Magazine” e “Weird Fiction Review”) e, visto che è nata nel 1981, mi permetto di suggerire che il suo immaginario rimanda a film come Schegge di follia (Heaters) decisamente virati all’horror e allo splatter. Io ho apprezzato le sue storie realistiche, meno le altre.

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