
Persone normali di Sally Rooney
Persone normali di Sally Rooney
Traduzione di Maurizia Balmelli, Einaudi editore, maggio 2019, (cartaceo 19,50 €, 248 pagine; ebook 9,99 €; letto grazie a una copia gratuita inviata dall’editore)
Mi dispiace molto per quello che ti ho fatto. Ha sempre pensato che se l’avesse rivista le avrebbe detto questo. Ma in qualche modo lei non sembra consentirglielo, o forse è vigliacco lui, o entrambe le cose.
Non essendo un critico ma solo un lettore di passaggio, azzardo un’ipotesi ardita, Persone normali di Sally Rooney è un libro generazionale. Un romanzo di formazione dove si riconoscerà chi aveva vent’anni all’inizio degli anni dieci (Rooney è nata nel 1991); primo dato interessante, il volume è uscito l’anno scorso quindi non ci troviamo di fronte a un fenomeno alla Enrico Brizzi per intenderci, Rooney non viene scoperta dal mondo letterario a vent’anni e “Persone normali” è già il suo secondo libro, non il suo romanzo d’esordio (“Parlarne tra amici”, 2017). Ma perché tiro in ballo il buon vecchio Enrico con sprezzo del ridicolo? Perché alcuni fondamentali punti di contatto tra “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” e “Persone normali” a mio avviso ci sono, ronzavano nella mia testa durante la lettura ma sono riuscito a vederli solo dopo aver voltato l’ultima pagina. Ed è anche interessante analizzare al volo come due libri generazionali possano distinguersi pur avendo a mio avviso molte somiglianze.
Dicevamo, 2011, Irlanda, Sligo. Immaginate un posto di provincia qualsiasi in Italia a due ore dal capoluogo e a tre dalla città dove “bisogna stare”: Milano, Roma, decidete voi. I protagonisti. Connell e Marianne. Entrambi sono all’ultimo anno delle superiori irlandesi e si amano, non solo platonicamente (prima differenza). Lui è figlio di una ragazza madre, lei è benestante ma orfana di padre, con una madre e un fratello sadici che a ogni incontro cercano di distruggerla psicologicamente. In particolare il fratello di Marianne, Alan, all’inizio credevo fosse una proiezione della sua mente tanto era sgradevole. Connell e Marianne stanno insieme ma il ragazzo a scuola è popolare e tiene la relazione nascosta perché la ragazza è considerata dai più una spostata. Rispetto a venti/venticinque anni fa siamo in piena età dell’ammirazione (seconda differenza). A Connell quel che la gente possa pensare di lui interessa a Marianne no.
Quanto durava di solito una relazione tira e molla una generazione fa? Lo spazio di un’estate. Quelle di chi aveva vent’anni dieci anni fa anche anni (terza differenza). Tipo quattro per Connell e Marianne. Non so se colpirà anche voi ma la scansione temporale degli eventi scandita dalla divisione in capitoli scelta da Rooney mi ha fatto rabbrividire: tre settimane dopo, un mese dopo, sei settimane dopo… Il tempo del non prendere decisioni, del non sapere se si è in un rapporto o no e perché (come la madre di Connell sottolinea a un certo punto: “Non riesco proprio a capirle, le vostre relazioni. Ai miei tempi stavi con qualcuno o non ci stavi”) per la generazione di Rooney pare dilatarsi all’infinito, la giovinezza sembra non finire mai e anche andare all’università non rappresenta più un rito di passaggio ma solo un prolungamento delle superiori.
Rooney ci fa partecipe sia dei pensieri di Connell sia di quelli di Marianne (quarta differenza) ma ci accorgiamo presto come il non detto tra lui e lei sia il vero protagonista di “Persone normali”. Fatti l’uno per l’altra, intelligenti, compatibili al cento per cento sessualmente e spiritualmente, non è una minaccia esterna (o un evento, ad esempio un anno all’estero, quinta differenza) a impedire loro di essere coppia, sono loro stessi che sabotano il rapporto. E intorno a loro del resto, a parziale giustificazione non richiesta, non c’è nulla che giustifichi una ricerca di senso (tanto che una morte inaspettata quasi devasta uno dei due): motivazioni come l’impegno politico o sociale non entrano che a romanzo quasi finito vedendoli non a caso come semplici spettatori.
Cosa cercano i giovani adulti di oggi? Non l’amore sembra suggerire Rooney ma il raggiungimento di una qualche forma di consapevolezza del proprio ruolo nel mondo. Se ci mettiamo che la società attuale non dà più punti di riferimento a tale riguardo, o se esistono sono da loro percepiti come obsoleti, è un’impresa ancora più complicata di quella di trovare l’amore vero. Ho letto in un’intervista che Rooney non si sente il portavoce di nessuno. Le credo ma ciò non toglie che leggere “Persone normali” sia un mezzo efficace per empatizzare con una generazione di trentenni all’apparenza indecifrabile che ben presto sarà chiamata a diventare grande, sempre che non lascino questa responsabilità a chi oggi di anni ne ha venti.