
Il velo di Flavio Pintarelli
Il velo di Flavio Pintarelli
Edizioni alphabeta Verlag, marzo 2023 (cartaceo 15 €, 208 pagine)
Quello che i più sapevano sull’Alto Adige era che si trovava a nord.
Quasi trent’anni fa un gruppo di adolescenti italiani di cui facevo parte riuniti per tre settimane a Dun Laoghaire, appena fuori Dublino, per imparare l’inglese era abbastanza omogeneo. Capelli più o meno lunghi, idee più o meno progressiste, capirete, in seconda o terza superiore come si poteva essere. A distinguersi un solitario ragazzo di Bolzano. Capelli cortissimi, biondo, vestito sempre di nero con un cappellino dell’Adidas. Evidentemente di destra. Già conoscevo il Trentino-Alto Adige da figlio di una bellunese (“Di là hanno i soldi”) ma il mio impatto con il Südtirol oltre il “velo” di cui parla Flavio Pintarelli nel suo romanzo è stato proprio quel ragazzo di cui ho scordato il nome. Dopo gli ultimi attentati degli anni ottanta del Novecento per mano dell’Ein Tirol del resto in tanti in Italia hanno rimosso gran parte della storia recente di questa lontana provincia di lingua tedesca.
Avanti veloce. Nella Bolzano della metà degli anni dieci del XXI secolo al centro delle vicende narrate in “Il velo” vive Alex. Il nostro protagonista è un copywriter trentenne che si ritrova a occuparsi di un progetto editoriale concepito per magnificare il “brand Alto Adige” oltre gli stereotipi ma aderente alla narrazione di successo della Provincia autonoma. Ci accorgiamo subito che l’altro polo della vicenda è invece un interrogativo esistenziale. Cosa ha richiamato Alex nella sua terra natale dopo gli studi a Siena? Perché vi è legato seppure ne percepisca, letteralmente nel corso del libro, tutte le dissonanze? Perché pur avendo scelto un lavoro intellettuale non ha conseguito quell'”equilibrio tra creatività e sopravvivenza” che altri sembrano aver raggiunto? “Il velo” è il reportage di un Alto Adige che con le foto impeccabili delle home page dei siti dei suoi alberghi ha poco da spartire.
“Il velo” è il racconto di un sabotaggio, il tentativo di un bolzanino sfuggito alla logica dei blocchi voi/noi – rappresentato nella mia esperienza dal ragazzo di destra che ho citato in apertura – di narrare un Alto Adige oltre la contrapposizione etnica, muro contro muro che si mantiene in vita artificialmente per accentuare un’originalità del territorio sfruttata in chiave turistica. E allora anche gli approfondimenti ambientali (le conseguenze dell’innevamento programmato) o politici (gli scontri al Brennero del 2016 tra polizia e anarchici per il diritto al passaggio dei migranti verso nord, il depotenziamento del Monumento alla Vittoria di Bolzano grazie a un’installazione artistica del 2017) da vicende secondarie diventano centrali. Perché la Storia deve tornare a fluire tra monti e valli che forze antichissime vorrebbero sempre uguale, ci suggerisce il nostro autore.
A corroborare l’ipotesi del sabotaggio di cui sopra altri personaggi de “Il velo”: Manfred, la spalla del protagonista, l’aiutante dell’eroe se fossimo in un romanzo fantastico (o forse lo siamo?), un fotografo bolzanino che sarà al fianco di Alex nelle sue peregrinazioni per la Provincia, la possibilità di un dialogo con l'”altro”; Arianna Lanzinger – il vero avversario, inteso anche in senso diabolico/tentatore, del romanzo di Pintarelli –, incarnazione di quel ceto dominante cui ci si dovrebbe rivoltare contro invece di dilaniarsi tra esclusi dal grande gioco; Aubet, Cubet e Quere, entità misteriosa e ctonia che, all’insegna del perturbante teorizzato da Mark Fisher, altera l’equilibrio del protagonista nutrendosi dell’odio contrapposto e artificioso delle comunità altoatesine per preservare una stasi di fatto che alimenta solo infelicità. Non esattamente un invito a vivere l’Alto Adige.
“Il velo” è un romanzo che ha il torto di essere breve. Per dipanare meglio il confronto di Alex con Aubet, Cubet e Quere ci sarebbero volute più pagine, se non proprio 1200 almeno 400, il doppio di quelle che leggerete. Coinvolgente la descrizione del rapporto tra Alex e la sua partner di vita, Serena, anche se che a volte è un po’ troppo tirato via, qualche sottotrama che li riguarda sembra appena abbozzata. Anche il personaggio di Manfred meritava altri paragrafi. Compiuto è invece il racconto del territorio con gli approfondimenti di cui vi ho scritto che comprendono anche l’uomo del Similaun e scontri tra “famiglie” di motociclisti (!). E non poteva essere altrimenti perché anche se Serena dice a Alex: “Il tuo bel raccontino non cambierà nulla. Bolzano, l’Alto Adige, il mondo intero andranno avanti così come sono” chi crede nelle parole ci prova sempre a cambiare le cose.