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Paolo Cognetti, Senza mai arrivare in cima, ma cosa ci faccio qui?

Senza mai arrivare in cima di Paolo Cognetti

Senza mai arrivare in cima: viaggio in Himalaya di Paolo Cognetti
Einaudi Editore, 2018, 7,99 € ebook (14 € cartaceo, 120 pagine)

«Gli occhi invece stavano bene. Bagnandoli pensai: fa’ che io sappia guardare e fa’ che trovi le parole per raccontare ciò che ho visto».

Questo è il fine settimana ideale per leggere Senza mai arrivare in cima di Paolo Cognetti. Specie se si fa coincidere il tempo della lettura con il periodo raccontato dallo scrittore, questo libricino per me, lo avrete capito, è autunnale. Cognetti racconta di un suo viaggio in Nepal svoltosi esattamente nell’ottobre 2017 nella zona del Dolpo, una parte della nazione nepalese dove ha trovato rifugio una parte dei tibetani fuggiti dal loro paese dopo l’annessione cinese. Immaginate un lembo dell’altipiano tibetano abitato da meno di ventimila persone e avrete subito sotto gli occhi le terre alte raccontate nel libro, un deserto d’alta quota dove il legno deve essere importato e l’economia è principalmente di sussistenza, tutt’intorno, però, le magnifiche vette dell’Himalaya.

A proposito, in caso non vi bastassero le parole di Cognetti, potete ripercorrere in video il suo viaggio nel Dolpo di tre settimane diviso in puntate su Montagne.tv (basta cliccare qui) o in foto sul numero 90 di Meridiani Montagne. Rimaniamo però al libro pubblicato da Einaudi, di cui auspichiamo un’edizione economica speciale, che si possa arrotolare come il taccuino dove Paolo ha preso i suoi appunti mentre percorreva quelle mulattiere. Siamo dalle parti del resoconto di viaggio sulle tracce di altri viaggi, in particolare la guida letteraria scelta da Cognetti è “Il leopardo delle nevi” di Peter Matthiessen uscito nel 1978, lo stesso anno di nascita del nostro premio Strega. È curioso come il quarantesimo anno si stagli all’orizzonte per lo scrittore come il limite della gioventù.

“Ecco il viaggio che desideravo per i miei quarant’anni, adatto a celebrare l’addio a quell’altro regno perduto che è la giovinezza”. Davvero, ognuno di noi sente di essere diventato adulto alle età più diverse.  E se l’Himalaya fa un dono a Cognetti è proprio quello di fargli assaggiare cosa significhi invecchiare. “Chinarsi, aprire la tenda, entrarci, trascinare dentro lo zaino, bastava questo a farmi sentire l’affanno […]. Sarà così che ci si sente da vecchi?, pensavo. Costretti a economizzare ogni gesto, in un corpo a cui anche il semplice stare al mondo costa fatica?”. Le altezze non fanno paura allo scrittore eppure il suo corpo, non abituato fin dalla nascita ai quattromila metri come quello della popolazione locale (e che belle le descrizioni dedicate al passo leggero delle guide) lo mette alla prova più volte durante il viaggio.

Se nell’autunno del 1973 Matthiessen per esplorare il Dolpo si era lasciato dietro un figlio di otto anni, affidato a parenti perché l’anno prima era rimasto vedovo della seconda moglie, Cognetti in Italia lascia invece il fido Lucky per incontrare in Nepal una cagna randagia di due/tre anni, Kanjiroba, nata forse in concomitanza con la dipartita di Matthiessen per l’altro mondo nel 2014. Solo una coincidenza? Suggestioni che Cognetti dissemina lungo il cammino, dove la ricerca di una montagna incontaminata si scontra con testimonianze del passato remoto e prossimo del Nepal – templi in rovina e tracce sbiadite della guerriglia maoista a cavallo del cambio di secolo –  e con il presente di un “piccolo paese stritolato tra l’India e la Cina, sempre più ridotto a periferia di altri”.

Ho acquistato in formato cartaceo “Senza mai arrivare in cima” perché sfogliandolo in libreria ho visto che conteneva anche i disegni di Paolo che spesso si intrecciano con i suoi appunti. Contenendo a un certo punto la fatidica domanda “Ma cosa ci faccio qui?” il libretto appartiene alla categoria dei racconti di viaggio esistenziali (ma quale viaggio non lo è?) e non ho dubbi che tra dieci, venti, trent’anni, quando Cognetti sentirà di nuovo il richiamo del Monte di Cristallo da cui si vede il Monte Kailash, potrò leggere un seguito di questo libro. E a maggior ragione ne sono convinto perché se arriverete in fondo a “Senza mai arrivare in cima” scoprirete, come ho fatto io, i tre desideri che il nostro scrittore si regala per i suoi quarant’anni, che fanno intravedere molte altre pagine nel suo futuro.

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