I racconti di Daniele Del Giudice
Einaudi, aprile 2016, (cartaceo 19 €, 232 pagine; ebook 9,99 €)
Guardavano il quadro per l’ultima volta, come si guarda una casa prima di lasciarla [da “Nel museo di Reims”].
Può capitare di trascorrere una vita senza leggere autori considerati fondamentali. A volte capita per mere ragioni anagrafiche, si arriva una generazione dopo o una prima. Daniele Del Giudice (1949-2021) è stato uno di questi autori per me. Un anno più giovane di mio padre, ero troppo piccolo negli anni ottanta e novanta per leggere le sue cose. Quel che Einaudi negli ultimi tempi sta facendo è riproporne l’opera per scopritori tardivi, come me, o per chi già lo conosceva trenta/quaranta anni fa e vuole rileggerlo. Ricordo di avere iniziato con “Lo stadio di Wimbledon”, riproposto in libreria nell’anno della morte, e di essere stato colpito da una scrittura non comune. La storia al centro del romanzo d’esordio (1983) di Del Giudice era però troppo personale perché mi coinvolgesse davvero.
Altro discorso I racconti che presenta tutti i racconti di Del Giudice pubblicati in volume (otto racconti) più cinque racconti fino al 2016 non pubblicati in volume. Tredici racconti pubblicati tra il 1985 e il 2013. Il silenzio di Del Giudice successivo a questa data è dovuto a una malattia neurologica. A chi crede nelle coincidenze, a un qualche tipo di fato, com’è noto questo autore avrebbe presagito il suo destino: “È un peccato che per me, proprio per me, la luce stia cambiando in ombra. Sarebbe un peccato per chiunque natualmente, ma è difficile accettare di essere scelti per certi destini” (da “Il museo di Reims”). Sono in gran parte storie quelle di Del Giudice che flirtano con la fine, spesso in un connubio, da aviatore qual era, tra la precisione della tecnica e la certezza matematica dell’ineluttabile.
I racconti che preferisco della raccolta sono senza dubbio quello della citazione sopra, Il museo di Reims, Fuga e Di legno e di tela. Sono i tre racconti più storici e, allo stesso tempo, più ucronici. In “Il museo di Reims” assistiamo alla visita di un personaggio che sta perdendo la vista a una immaginaria copia de “La morte di Marat” di Jacques-Louis David, che si dice custodita a Reims; in “Fuga” un ragazzino finisce per caso nel cimitero di Santa Maria del Popolo a Napoli dove un immaginario (reale? fantastico?) custode lo aiuterà a scappare da una minaccia di morte; in “Di legno e di tela” saliamo a bordo di un idrovolante Caproni del 1935 insieme al pilota Gerolamo Gavazzi [in questo caso probabilmente si tratta della rielaborazione di un vero volo sul lago di Como] per quello che è anche un volo di ricognizione sulla letteratura italiana dedicata all’aeronautica.
Va beh, come sono allora ‘sti racconti? Abbiamo capito non mettono allegria. Perché dovrei leggere Del Giudice? Perché ti passa la voglia di scrivere (se avete di queste folli ambizioni) da quanto era bravo, si è messi di fronte all’evidenza di un talento per la scrittura immediatamente percepibile. Una precisione chirurgica nella costruzione della frase e nella struttura del racconto, l’equivalente letterario di vedere una mostra di una selezione di dipinti del Canaletto. Come scrive Tiziano Scarpa nella prefazione alla raccolta: “Quanto più si è oggettivi, tanto più si è malinconici. È questa la mania di Daniele Del Giudice. I suoi personaggi spesso cercano di recuperare l’irrecuperabile, che si manifesta nel tempo della sparizione. In loro la disperazione non grida mai, ma a volte può abbandonarsi al rammarico”
A ogni modo, consigliato a chi è affascinato dalla Storia (i tre racconti sopra); certi racconti – “Dillon Bay”, “Mercanti del Tempo”, «Com’è adesso!» – invece sarebbero stati il nucleo di una raccolta persino di genere, un fantastico al limite con la fantascienza. A un certo punto, per darvi un’idea, ho pensato agli otto racconti di Ted Chiang che compongono il suo “Storie della tua vita”. Tornando a Del Giudice, c’è anche spazio per un giallo destrutturato come “L’orecchio assoluto”, dove ti aspetti da un momento all’altro salti fuori un investigatore alla Agatha Christie o alla Arthur Conan Doyle. Altri semplicemente dimostrano la bravura di Del Giudice anche nel brevissimo: “Popiove”, “Naufragio con quadro”, “Ritornare a Sud”. E naturalmente c’è anche spazio per racconti con cui non sono entrato in sintonia ma li lascerò scoprire a voi, se mai affronterete questa lettura.