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Niklas Natt och Dag, 1794, si mormora che la fine è ormai vicina

1794 di Niklas Natt och Dag

1794 di Niklas Natt och Dag
Traduzione di Gabriella Diverio, Barbara Fagnoni e Stefania Forlani
Einaudi editore 2020, 544 pagine; 20 €; ebook 9,99 € (copia ricevuta in omaggio dall’editore)

Cardell allarga le braccia in un gesto di rabbia e delusione.
– Ma i cieli e l’inferno si svuotano dei loro abitanti solo per prendersi gioco di noi miserabili esseri umani? Quando non sono frutto dell’immaginazione, sono farse.

A distanza di un anno, è proprio il caso di dirlo, Niklas Natt och Dagg ci riporta nella Stoccolma di fine Settecento eloquentemente dipinta in “1793”. Cecil Winge e Mickel Cardell erano riusciti a dare un nome e una sepoltura al cadavere di moncherino d’uomo ritrovato nella cloaca della capitale dopo poco meno di cinquecento pagine di indagini e colpi di scena. Lo scrittore svedese rimane sulla stessa misura per raccontarci quel che è accaduto dopo la chiusura del caso e la morte di Winge per tisi. L’ex soldato non l’ha presa bene: “Molti sostengono che sia coperto di debiti e lavori senza sosta al soldo di chicchessia, ma che sia costretto a usare ogni singolo spicciolo che si guadagna per scrollarsi gli scagnozzi di dosso e tenersi lontano dalla gattabuia”.

“1794” è la dimostrazione di come non solo il Settecento sia un secolo spietato ma altrettanto senza pietà sia Natt och Dag con i suoi personaggi. Per carità, lo si era già ben compreso nel volume precedente, dove non aveva utilizzato nessun escamotage per salvare dalla tomba il suo Sherlock Holmes, il brillante procuratore Cecil Winge. E infatti, terminato il prologo lungo centotrenta pagine dove conosciamo il nobile erede della magione di campagna Tre Rosor e la sua disgrazia (ovvero il motore che metterà in moto la vicenda al centro di “1794”) il primo interrogativo è proprio questo. Come farà Cardell, il nostro Watson, a risolvere il caso questa volta? La risposta implicita è che se c’è – o c’è stato – uno Sherlock c’è anche un Mycroft.

E perdonatemi se insisto su questo aspetto, è un debito evidente che già avevo sottolineato scrivendo di “1793”. Natt och Dag si presta volentieri a utilizzare il duo “investigatore e aiutante” del romanzo giallo che ci accompagna dalla pubblicazione di “Uno studio in rosso” (1887). Il rapporto tra Winge e Cardell, in parte rovesciato rispetto al primo volume, è anche questa volta uno degli aspetti che più mi hanno colpito durante la lettura: “Oserei dire che Cardell vede la possibilità di rivivere il passato. Faresti bene a ricordare che la sua lealtà non è rivolta a te, ma allo spettro di colui che non è più tra noi. E in questo sta il pericolo. Le sue azioni vengono dal cuore, e tendono a essere incostanti e imprevedibili. Fai attenzione”.

Suddiviso come il precedente in quattro parti, sostituito l’epistolario con un memoriale per quel che riguarda il prologo, i protagonisti di “1794” sono in realtà tre: Winge, Knapp (sì, torna anche Anna Stina, naturalmente) e Cardell. In apparenza Natt och Dag questa volta rinuncia al suo quarto personaggio (la storia) per il suo noir ma ci si rende poi conto che il prologo, ambientato in gran parte nella colonia svedese dell’isola caraibica di Saint-Barthélemy, le rende giustizia e abbia avuto bisogno di un gran lavoro di ricerca. Alzi la mano chi si ricordava che pure la Svezia aveva cercato il suo posto al sole nel mar dei Caraibi. E nelle colonie, com’è noto, ci finivano sia i santi sia i peggiori peccatori, come scopriranno i lettori.

“1794” mi è piaciuto come “1793”? Non esattamente. Mi ha fatto arrabbiare molto. Perché se il primo volume si può considerare autoconclusivo non penso si possa considerare tale “1794”. Lascia troppi interrogativi aperti cui varrebbe la pena rispondere. Ed è cupo, cupissimo. Senza scampo (?). Sta arrivando un terzo romanzo, come ci ricorda l’aletta della quarta di copertina, ma non so proprio come Natt och Dag potrà tornarmi in simpatia dopo quello che ha fatto ai suoi personaggi in “1794”. Consigliato dunque a chi si aspetta emozioni forti, siamo sempre dalle parti delle peggiori abiezioni umane, di sicuro non a chi tende a partecipare o tifare per i protagonisti delle storie che legge.

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Niklas Natt och Dag, 1793, non ci saranno che tenebre adesso?

1793 Niklas Natt och Dag

1793 di Niklas Natt och Dag

1793 di Niklas Natt och Dag
Traduzione di Gabriella Diverio e Alessandra Scali
Einaudi editore 2019, 490 pagine; 20 €; ebook 9,99 €

– Venite anche voi dal commissariato di polizia?
– In un certo senso. Diciamo che sono un collaboratore occasionale. Mi manda il commissario. E voi, Jean Michael? Che cosa vi porta al cimitero di Maria Magdalena a quest’ora di notte?

L’argomento della mia tesi di laurea ha riguardato l’amministrazione della giustizia nella Lombardia settecentesca. Capirete che quando Einaudi mi ha inviato in omaggio una copia di “1793” non potevo essere più contento. Sono tornato con la memoria agli ultimi giorni del Ducato di Milano, che già dal 1796 era diventato la Repubblica Transpadana. Anche la Stoccolma tratteggiata dalla penna di Niklas Natt och Dag vive nell’ombra della Rivoluzione francese, il trono è vacante in seguito all’assassinio del re Gustavo III e nelle locande riecheggia spesso la Marsigliese (la testa di Luigi XVI è del resto rotolata nella polvere il 21 gennaio 1793, è forse giunta l’ora che il popolo vessato dalla nobiltà prenda il potere anche in Svezia?).

“1793” ha il passo sicuro dei romanzi storici basati su solide ricerche, l’autore nella postfazione vi dirà anche quali licenze s’è concesso (ve l’anticipo, molto poche) per ricreare il mondo in cui si muovono i suoi personaggi. Il Settecento è stato per gran parte un secolo terribile per essere al mondo. Imperversavano ancora pestilenze, anche a causa di errate convinzioni mediche, la gente comune fungeva letteralmente da carne da cannone durante conflitti tanto brutali quanto insensati, una città come Stoccolma era quasi perita in seguito a incendi disastrosi che per primi divoravano le abitazioni di legno delle classi meno abbienti, il lavoro manuale ti consumava tanto da renderti già vecchio a quarant’anni, le condizioni igieniche erano precarie. Non vi troverete a vostro agio.

Non fraintendetemi, “1793” è sì un romanzo storico ma è principalmente giocato sul fascino che eserciterà su di voi la collaborazione tra i due protagonisti principali. Natt och Dag non si sottrae a utilizzare il duo archetipico del romanzo giallo (investigatore e aiutante, ça va sans dire) riuscendo però a rendere il suo Sherlock Holmes, il procuratore Cecil Winge, geniale ma credibile descrivendolo a un passo della morte per via della tisi e il suo Watson (ancor meglio, il suo Jet Black), la guardia controvoglia Mickel Cardell, inarrestabile ma sensibile sia ai vizi, troppo alcol, sia alle ingiustizie, che in una Stoccolma allo sbando sono spesso proprio gli sbirri a perpetrare ai danni della povera gente. Ci sono, ovvio, anche altri personaggi memorabili ma… niente spoiler.

Bella l’idea di suddividere il romanzo in quattro parti, a mio parere uno degli accorgimenti che rende memorabile “1793”, così come il sapiente uso delle lettere, che gli conferiscono quel non so che da romanzo epistolare che tanta fortuna ebbe proprio nel Settecento. Una curiosità, in inglese la storia di Natt och Dag è conosciuta come “The Wolf and the Watchman” ma mi sembra fuori fuoco. Come vi ho accennato sopra, l’anno e lo sfondo cittadino delle vicende sono tanto importanti quanto gli attori che si muovono sul palcoscenico. Indovinato l’accorgimento di dare al lettore in aletta una mappa della Stoccolma dell’epoca, forse avrei evidenziato meglio il nome dei singoli quartieri perché i personaggi si spostano di sovente da un posto all’altro della capitale.

Avrete capito che “1793” mi ha appassionato. Mi sono ritrovato a maledire l’autore per l’indifferenza che sembra nutrire per i suoi personaggi e scoprirmi ad avanzare velocemente nella lettura per capire che cosa ne avrebbe fatto. Non mi capitava da tempo. Natt och Dag racconta un mondo a noi relativamente vicino – “Le lamentele che corrono di bocca in bocca sono sempre le stesse: l’economia che va a rotoli, l’incompetenza dei governanti, la necessità urgente di cambiare le cose” – in cui però erano all’ordine del giorno orrori (le esecuzioni pubbliche, ad esempio) e discriminazioni che in larga parte ci siamo lasciati alle spalle. Se vi piace il genere sono sicuro che anche voi vi affezionerete a Cecil Winge e Mickel Cardell.

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