
Astenersi principianti di Paolo Milone
Astenersi principianti di Paolo Milone
Einaudi, febbraio 2023, (cartaceo 17 €, 140 pagine; ebook 9,99 €; inviato in omaggio dall’editore)
– Cosa sta facendo, così lo ammazza! Lo faccia respirare!
– Signora, ma non vede che non respira?
Mentre sto scrivendo queste righe non ho (ancora) letto il romanzo di esordio che ha lanciato Paolo Milone fra le nuove promesse della narrativa italiana: L’arte di legare le persone (2021). Milone è di un anno più giovane di mia madre ed è anche la dimostrazione, come Camilleri del resto, che si può entrare da protagonisti sulla scena editoriale italiana anche superati di molto i sessant’anni. Se per il volume citato sopra eravamo dalle parti del memoir, o del racconto della propria professione, Milone è uno psichiatra, in Astenersi principianti siamo invece sullo scaffale dei libri dedicati al tirare le somme, alle riflessioni su come, di fronte all’inevitabile, si sia chi più chi meno tutti inadeguati perché non preparati. Anche se per l’autore la consapevolezza della mortalità la si può paragonare a un farmaco, se la si usasse con oculatezza.
Astenersi perditempo è diviso in sei sezioni. All’interno di esse componimenti in versi liberi, come in L’arte di legare le persone se ho ben capito, si alternano a brevi racconti, come quello che apre il libro. A Genova un uomo in coda alla cassa di un supermercato soccorre un uomo colpito da infarto. A rendere surreale la scena la moglie dell’infartuato, che non riesce a capacitarsi di come il marito le stia letteralmente morendo sotto gli occhi. Perché alla morte non crediamo più, perché la morte non la “vediamo” più, dato che la nascondiamo negli ospedali e nelle case di riposo. A proposito degli eventi degli ultimi due anni, inevitabile almeno un accenno, Milone scrive: “[Suvvia, ndr] Richiudiamo la morte nei suoi recinti”, che non è in fondo quello che ha infastidito di più chi alla morte non dà più peso?
Molti racconti hanno protagonista la Morte personificata, quella degli affreschi medievali con tanto di veste nera e di falce, o forse, più che al Medioevo, Milone si rifà alla morte immaginata da Bergman in “Il settimo sigillo”. Dubito che l’autore conosca lo scrittore inglese Terry Pratchett ma in alcuni punti mi ha anche ricordato la Morte del Mondo Disco nata dalla penna di questo autore, maestro del fantasy umoristico. Si ride amaro in Astenersi principianti perché spesso Milone utilizza la “formula Samarcanda” per spiazzare il lettore: a chi farà davvero visita la Morte? A un personaggio chi ci sembra agonizzante o a quello che pare una comparsa sprizzante di vita? In altri tratteggia la Morte curiosa di comprendere l’uomo, come nel film Vi presento Joe Black (1998), o almeno desiderosa di prendersi una vacanza.
“Il reparto psichiatrico è l’ultima stazione di posta / alla frontiera del nulla”. Immagino che i lettori di L’arte di legare le persone saluteranno con piacere i frammenti poetici dedicati alla pratica psichiatrica. Non mancano e sono circostanziati al tema di questo libro. Alcuni esempi: se è vero che la depressione può ammazzare, è altrettanto vero che letale può essere pure l’eccesso di euforia dei soggetti maniacali; invece, cosa lascia il suicida dopo di sé? Oggetti che qualcuno raccoglierà. E nei casi di suicidio a volte trenta secondi potrebbero fare la differenza tra la vita e la morte. In altri casi colpiscono le definizioni più semplici, ma non per questo meno efficaci, di un disagio: “Io sono un pesce d’acquario / Se mi butti in mare, muoio”. E se teniamo a mente che Milone è di Genova anche due frasi così piane acquistano un significato più profondo.
C’è grande cura in questo volume – a partire dalla copertina, un’eterea illustrazione di Jean Cocteau di un uomo con le ali – che si legge in un pomeriggio, o in una giornata, e torna in mente nei giorni successivi. Certo dai trent’anni in giù colpirà gli spiriti più malinconici mentre non è consigliato (o forse sì, per una terapia letteraria d’urto) a chi con la morte non vuole averci nulla a che fare. Sebbene Milone scriva che “la morte non si fa prendere dalle parole. / Sfugge negli spazi bianchi, / come l’acqua del mare sfugge tra le dita” l’impressione, almeno la mia, è che ci sia riuscito a raccontarla. A farla camminare insieme al lettore per le strade di Genova, tra la passeggiata di Nervi e corso Italia (ma Milone non abusa della sua città che spesso non nomina) in un dialogo personale che diventa universale.