Una donna senza fortuna di Richard Brautigan
Traduzione di Enrico Monti
ISBN Edizioni, 2012, 8,99€ (preso in offerta a 0,99€)
Reading Life: 15 minuti ogni sessione, 3.4 ore di lettura, 269 pagine girate, 1.4 media pagine per minuto
«Sono rimasto a fissare il telefono, tradito ancora una volta da questo strano strumento così staccatto dalla natura. Non ho mai visto niente in natura che assomigli a un telefono. Nuvole, fiori, rocce, non ce n’è uno che assomigli a un telefono».
Ricordo ancora come ho scoperto gli Smiths, è stato per merito di un compagno di università più grande di me, simpatico, una conoscenza durata lo spazio di un corso; un pomeriggio dopo lezione da Ricordi (forse? o un altro megastore di musica di Milano), «Davvero non hai mai sentito “The Queen Is Dead”?», comprato, ascoltato mille volte, ora tra i miei album preferiti di sempre. Con Brautigan uguale, un tweet di una lettrice di cui mi fido ma che non ho visto che due volte a Milano, un veloce giro sul sito di ISBN Edizioni e paf, adesso dello stesso autore ho comprato anche L’aborto: una storia romantica e Pesca alla trota in America; certo la promozione permanente (?) su questi tre ebook dei ragazzi di via Conca del Naviglio aiuta (tra tutti e tre ho speso meno di una birra media, cinque euro).
“Una donna senza fortuna” è uno scritto che è stato prima un quaderno di 160 pagine acquistato per 2,50 dollari in una libreria giapponese il 30 gennaio 1982, giorno in cui l’autore, deciso a non arrivare ai cinquanta e, ahinoi, c’è riuscito complice un colpo di pistola, compiva 47 anni. Nonostante Brautigan si dichiari sin da subito un pessimo viaggiatore il suo quaderno lo ha accompagnato per sette mesi di peregrinazioni tra le Hawaii e il Montana, quindi potreste amarlo come quaderno di viaggio, tuttavia arrivati in fondo, consci del fatto che probabilmente così come è stato scritto questo testo ci è arrivato – “Una donna senza fortuna” è stato pubblicato postumo in francese (!) nel 1994 – penso converrete con me che un proiettile di 44 Magnum nel 1984 ci ha privato di uno scrittore di talento, uno di quelli che dici, ah, se si fosse impegnato davvero…
Le invenzioni di Brautigan, le immagini che riesce a proiettarti nella mente con la sua prosa, ancora di più se pensiamo che la sua inventiva non paga dazio a nulla che sia posteriore agli anni Ottanta per forza di cose, le ho trovate fenomenali; certo, sono anche concetti e ragionamenti di uno scrittore che proprio a suo agio con se stesso non doveva stare, testimonianza di un “approccio obliquo e grottesco alla realtà” scrive nell’introduzione il suo traduttore italiano Enrico Monti (su lettera.com trovate una sua intervista a firma di Marco Montanaro) che spiazza e diverte prima e rende malinconici poi. Ad accompagnare tanta fantasia le questioni basilari del cuore semplice dell’autore – l’incontro con una donna, il conoscersi, l’amarsi, il lasciarsi – che non poteva “permettersi il lusso di una vita sentimentale complicata”.
In “Una donna senza fortuna” troverete palazzi in fiamme e un cimitero giapponese alle Hawaii, sull’isola di Maui, e i prati e temporali del Montana dalle parti del Parco di Yellowstone, una Chicago dove era meglio non parlare dei susini in fiore a febbraio a San Francisco, riscoprirete una California che è entrata nel mito, quella dove si spegnavano gli eco della controcultura hippie e iniziava la californication. Ci sono tanti ricordi e molto alcol, anche lacrime e personaggi fragili che si aiutano l’un l’altro, o muoiono come la donna del titolo. E adesso sono davvero curioso di leggere altro di questo autore semplice ma non semplice che Einaudi prima e Marcos y Marcos poi non hanno avuto fortuna a lanciare nel nostro paese, chissà che ISBN Edizioni non abbia indovinato il momento giusto.
Decidete voi, io Brautigan non lo mollo più, anche nel malaugurato caso non mi piacessero tutte le sue opere precedenti rimarrebbe “Una donna senza fortuna” ad accompagnare una bella giornata di sole. Avrete capito, se vi prenderà questo ebook, se ve ne innamorerete come è capitato a me, rimpiangerete che quel quaderno da pochi dollari sia stato riempito così in fretta, se arriverete davvero in fondo saprete quante delle 28 righe utili Brautigan ha usato davvero per scrivere questo testo, quanto avesse ancora da dire – e di come abbia fatto comunque benissimo, non bene, a descriverci tempeste che non arrivavano mai o ragnetti intraprendenti – e quanto invece fosse stanco per passarci idealmente il testimone e dirci: Ascolta, l’ultima riga non la uso, usala tu.