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Paolo Cognetti, Il ragazzo selvatico, uno scrittore in Val d’Aosta in cerca di qualcosa di buono lassù

Il ragazzo selvatico di Paolo Cognetti

Il ragazzo selvatico di Paolo Cognetti

Il ragazzo selvatico: quaderno di montagna di Paolo Cognetti
Terre di Mezzo, aprile 2013, 6,99 € (ebook), 12 € (libro)
Reading Life: letto in formato cartaceo in un’ora.

«La paura che avevano di noi era l’unico limite invalicabile: potevamo farci il bagno in un lago, nutrirci di lamponi e mirtilli, dormire in un prato, ma i selvatici fuggivano al nostro passaggio e ci ricordavano che non eravamo come loro, non lo saremmo mai stati».

Prima di tutto vi segnalo che, per ora, l’ultimo ebook di Cognetti è in promozione, almeno su Bookrepublic lo trovate a 2,99 € (nove euro in meno dell’edizione di carta), è del resto appena uscito nelle librerie, anche se conoscendo l’autore sapevo che ci stava lavorando da mesi e che sarebbe apparso per l’editore Terre di Mezzo invece che la “solita” Minimum fax. Come precisa il sottotitolo “Il ragazzo selvatico” è un quaderno di montagna, la testimonianza di un periodo, più stagioni, vissuto altrove rispetto a Milano, Roma e New York ecc., i luoghi che Cognetti ci ha raccontato nei suoi libri già pubblicati

Se appartenete come me a quelli che da piccoli non andavano al mare d’estate (tutte le estati) ma in montagna, allora vi ritroverete in questo racconto; Cognetti in particolare andava in Valle d’Aosta e proprio lì è tornato trentenne in occasione di un “inverno difficile” in cui “si sentiva sperduto e sfiduciato come quando un’impresa in cui hai creduto finisce miseramente”. Chi ama la scrittura di questo autore avvertirà un brivido lungo la schiena, accidenti ha avuto un blocco? Abbiamo rischiato – pensate all’egoismo del lettore! – di non leggere mai “Sofia si veste sempre di nero”? Ebbene sì.

Tra l’altro mi sovviene che molti di voi avranno incontrato questo scrittore leggendo il suo blog paolocognetti.blogspot.it prima delle sue storie (stampate o elettroniche) e quindi gli odori del sottobosco, il vento fra i rami degli alberi vicino alla baita, il suo barbarico YAWP sopra i tetti del mondo, che scoprirete se lo leggerete, li avrete già percepiti nelle stanze della “casa digitale” di Cognetti; qui il post dove parla di “Il ragazzo selvatico” a proposito. È lui stesso a spiegare come questo suo breve scritto fosse in gestazione mentre rifletteva sulla sua amata letteratura americana o sulle lettere dall’Africa della Blixen.

D’accordo insomma ma alla fine cosa ha scritto Cognetti stavolta? Ha riempito un quaderno su un anno trascorso in montagna dove, conscio della lezione di McCandless non è andato, in cerca della wilderness e della solitudine ma della civiltà e dei rapporti umani. Allora leggo qualcos’altro direte voi. Non cadete nell’inganno, quello che leggiamo è l’equivalente di un bastone levigato dopo giorni di lavoro, che un tempo è stato ramo e adesso aiuta nel cammino. “Il ragazzo selvatico” è il racconto di come cerchiamo qualcosa quando crediamo di averla perduta. E invece è sempre stata là dove l’avevamo lasciata.

Postilla, se avete più o meno la mia età tutta questa storia vi avrà rammentato uno scambio di battute tra Cedro e Paolino, due personaggi di “Marrakech Express” (1989) che riporto qui di seguito. Cedro: “Pensa che io sono andato in montagna perché ho letto ‘Angeli di desolazione’ di Kerouac, solo che lui dopo nove mesi ha scritto un libro ed è tornato giù, io sono dieci anni che sono là…” Paolino: “E non hai nemmeno scritto un libro”. Ecco Cognetti ora guarda le montagne dal finestrino di un’automobile incolonnata su un cavalcavia milanese ma è anche tornato a scrivere. Se volete capire come ha fatto leggete “Il ragazzo selvatico”.

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Paolo Cognetti, Sofia si veste sempre di nero, inseguendo un caratteraccio tra Milano e New York

Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti

Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti
Minimum fax, settembre 2012, 7,99 €
Reading Life: 3.1 ore di lettura, 26 minuti ogni sessione, 1081 pagine girate.

«”Ci sono ancora tante storie che non so”. “Oh be’. Pietro, inventale. Non sono mica le sacre scritture. Ti do il permesso, usa la fantasia.”».

Vi ho mostrato come comprarlo direttamente dal Kobo Touch in questo post e ora che l’ho finito posso anche recensirlo, non segnalarlo perché questo libro merita. Intanto dura troppo poco 🙂 Tre ore volate tra ieri e oggi; soprattutto, dato che si tratta di racconti legati tra loro, il Touch mi segnalava la durata parziale delle singole parti e alla fine di Brooklyn Sailor Blues mi sono detto: “Nooo, e adesso? Davvero non potrò sapere più nulla di Sofia?”. Per fortuna quei diavoli di Minimum fax hanno riservato una sorpresa ai lettori dei loro ebook, chi ha presente i film dei “Pirati dei Caraibi” sa cosa voglio dire…

Premessa, importante, da Paolo, per i casi strani della vita, andavo a ripetizioni di matematica, poi l’ho perso di vista per anni e sono stato contento di saperlo scrittore, ho letto con piacere il suo “Manuale per ragazze di successo” del 2004, la Milano che lui racconta è la mia Milano, c’erano e ci sono tutte le premesse perché mi ritrovi in quello che ha da dire. E poi c’è la scrittura, precisa come le equazioni che tentava con pazienza di insegnarmi, talmente precisa che alla fine ti sembra semplice e scorri sulla pagina avvinto dalla storia di Sofia e della sua famiglia, delle sue peregrinazioni tra Milano e NY.

Intanto, nonostante siano appunto racconti indipendenti fra loro (addirittura i ringraziamenti finali sono personalizzati per ciascuno), “Sofia si veste sempre di nero” l’ho inteso come un romanzo breve né più né meno. Il centro della vicenda è chiaro, è la protagonista, tutto intorno padri, madri, zie, amici – raramente semplici comparse, anche le città, c’è pure un pizzico di Roma sono “personaggi” – come in un film corale americano, cosa farà Sofia? Dove porterà scompiglio questa volta? Quale sarà il destino di sua madre, suo padre e le attrici e l’amico d’infanzia li rivedremo ancora?

Se volete entrare nelle storie di Sofia sappiate che entrerete nella storia di una famiglia, sia quella tradizionale sia quella formata dagli amici, che in questi anni è diventata importante per quelli della mia generazione; sappiate che percorrerete le strade di una Milano pre-grattacieli, della periferia meneghina settentrionale nel momento in cui le fabbriche smisero di produrre e divennero luoghi da occupare (e poi ancora essere abbattute per far posto a nuovi condomini), di villaggi recintati dopo la tangenziale dove su un albero puoi costruire un casetta ma forse sei più prigioniero che mai.

Qual è la cifra di Paolo? Una scrittura non fine a se stessa dicevo, non un’esibizione di bravura, bella eh? ma in genere sterile o autoreferenziale. Caspita, qui è diverso, c’è una storia finalmente, c’è uno scrittore che si mette da parte o se compare è discreto, e lascia che Sofia diventi così vera da dire, “ma io la vorrei incontrare domani e anche sua zia Marta”, e grazie per avermi fatto entrare all’Alfa di Arese, grazie per avermi portato a New York e se Paolo afferma che “quello che scrivo non mi sembra mai abbastanza bello e non mi sembra mai giusto come lo vorrei” almeno per questo lettore, per me, lo è.

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